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Le misteriose origini di quell’antico affresco in San Gottardo

Un'opera di scuola giottesca riportata alla luce grazie all’importante intervento di restauro inaugurato dalla Veneranda Fabbrica nel 2015

Copyright MASSIMO ZINGARDI La Crocifissione Affresco Di Scuola Giottesca
11 Ottobre Ott 2019 1210 11 ottobre 2019

Chi dice Azzone, dice Giotto
Roberto Longhi, Introduzione in Arte in Lombardia, 1987.

Il 5 maggio 2015 la Chiesa di San Gottardo in Corte è tornata a nuova vita. Infatti, in poco meno di nove mesi, con determinazione, energia e grande sinergia di professionalità, la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano ha reso possibile un intervento di restauro di grande valore culturale e religioso. Dalle pareti annerite è riemersa la decorazione a stucco veneto con delicati colori neoclassici; dal pavimento sofferente, gli scavi archeologici hanno portato alla luce lo spessore storico – artistico della cappella ducale viscontea; con il restauro dell’affresco di scuola giottesca raffigurante la Crocifissione ecco svelarsi segreti tesori di fede e di arte.

L’origine di questo insigne affresco è rimasta nei secoli molto dubbia e discussa. Se il restauro intrapreso dalla Veneranda Fabbrica consiste in un grande momento conclusivo di questo lungo percorso storico, fu nel 1932, due anni dopo il suo ritrovamento, che Mauro Pelliccioli presentò alla Soprintendenza un preventivo di restauro per ‘La Crocifissione del sec. XIV’, esistente alla base del lato nord del campanile di San Gottardo. L’affresco era coperto da un intonaco bianco “durissimo, pietrificato” e consolidato, applicato probabilmente in occasione dei lavori condotti dal Piermarini a Palazzo Reale, quasi due secoli prima. Dal muro esterno, fu staccato dallo stesso Pelliccioli nel 1953 e trasportato all’interno della chiesa per motivi di conservazione e tutela. Infatti, gli agenti atmosferici hanno rappresentato la principale causa dell'irreversibile deperimento dell'opera.

L’affresco all’esterno della chiesa doveva però originariamente ornare le pareti di un ambiente chiuso e l’iconografia lascerebbe ipotizzare un refettorio o la sala capitolare dei francescani. Nel Trecento, addossato alla cappella ducale viscontea di San Gottardo in Corte, doveva esistere un cenobio, un piccolo convento dell’Ordine dei Padri Frati Francescani a pianta rettangolare, di cui porta testimonianza una planimetria di Palazzo Reale del ‘600 disegnata da Tolomeo Rinaldi, architetto romano convocato a Milano personalmente dall’allora Arcivescovo Federico Borromeo. Nel 1926, lo smantellamento del fabbricato, adibito a deposito di arredi sacri, scoprì l’opera di maestranze giottesche.

Non a caso, nel 1335, il celebre pittore toscano di Vicchio era stato inviato presso la corte di Azzone Visconti, segnore di Milano, dalla Repubblica fiorentina quale ambasciatore della nuova arte, dove, secondo Vasari (1568), lasciò “alcune cose sparse per quella città e che insino oggi sono tenute bellissime”. Giotto, a quel tempo, non più un giovane rivoluzionario come per la basilica di San Francesco di Assisi, né un giovane affermato come per la decorazione della Cappella degli Scrovegni di Padova, era secondo Longhi (1958), “un vecchio che indulgeva al gusto ricco, sfumato, coloratissimo”. Ragione per cui Longhi attribuisce la pittura milanese fra il 1335 ed il 1345 circa, alla cultura dei giotteschi di fronda, cioè all’attività dei suoi seguaci più stretti, definiti “profughi toscani di Viboldone”: “dalla ‘Crocefissione’ folta e patetica sulla base del Campanile di San Gottardo ai resti di affreschi nel palazzo dell’arcivescovo Giovanni Visconti”.

Oggi, la Chiesa di San Gottardo ritrova la sua dimensione naturale all’interno del circuito di visita del Grande Museo del Duomo di Milano, dove a contatto con l’affresco trecentesco della Crocifissione si espongono mostre temporanee di arte contemporanea, in una linea ideale di continuità fra passato, presente e futuro, tra fede e cultura.