L’opera, raffigurante la “Seconda apparizione dell’angelo alla madre di Sansone”, ed esposta in Museo presso la sala dedicata alla fine dell’età borromaica (n. 11), appartiene al ciclo dei quattro modelli in terracotta per i rilievi marmorei con soggetti dell’Antico Testamento ideati per il piedistallo della facciata del Duomo.
Essi furono commissionati nel 1653 dalla Veneranda Fabbrica agli scultori Dionigi Bussola, Carlo Antonio Bono e Giuseppe Vismara.
All’interno del programma iconografico della facciata, tali rilievi sono conformi a quelli già eseguiti per le sovrapporte (1629-1643) e le finestre (1643-1648) perché rientrano nell’ambito delle prefigurazioni mariane o dei riferimenti biblici alla Vergine, alla quale il Duomo è dedicato: tuttavia, in essi (“Elia e l’angelo”, la “Seconda apparizione dell’angelo alla madre di Sansone”, “Booz e Ruth”, il “Sacrificio di Abramo”) la prospettiva risulta più incentrata su Cristo.
Nello specifico il modello con la “Seconda apparizione dell’angelo alla madre di Sansone” fu realizzato da Dionigi Bussola, artista lombardo che, assunto dalla Fabbrica nel 1645, divenne il maggiore scultore operante per il Duomo in quel secolo, giungendo a ricoprire nel 1658 la carica di protostatuario (cioè scultore capo).
L’opera rappresenta l’episodio biblico secondo cui Manue e sua moglie ricevettero da un angelo, per la seconda volta, l’annuncio della nascita imminente del figlio Sansone, giudice d’Israele ed eroe nazionale della lotta contro i Filistei. L’evento miracoloso accadde in un campo, e per ringraziare Dio i due futuri genitori gli offrirono un sacrificio.
Nel rilievo la madre di Sansone appare seduta sulla sinistra della scena, con il viso di profilo e una piccola botte nella mano sinistra. A destra è invece raffigurato il marito Manue, con la mano sinistra poggiata su un’ara di pietra infuocata e lo sguardo rivolto verso l’angelo che discende dal cielo, con una verga nella mano destra.
Tronchi e alberi sulla sinistra sottolineano l’ambientazione agreste dell’episodio.
Eseguito, stando alle fonti d’archivio, nel 1657, il modello in terracotta fu trasposto entro il 1660 sempre da Bussola in marmo di Candoglia, e collocato sulla facciata del Duomo accanto al rilievo con “Elia e l’angelo” (1658): secondo la critica le due opere mostrano la piena padronanza da parte dello scultore dei mezzi compositivi e scenografici dell’arte barocca, approfondita di persona durante l’apprendistato giovanile a Roma.