Il Capitolo Metropolitano è il collegio dei presbiteri, comunemente chiamati Canonici, ai quali spetta assolvere le funzioni liturgiche della Cattedrale, la chiesa del Vescovo.
L’adunanza quotidiana dei Canonici era anticamente chiamata Capitulum perché vi si leggeva un capitolo, cioè un breve tratto delle regole che determinavano i doveri della vita canonicale; successivamente il nome Capitulum venne usato per indicare lo stesso collegio dei Canonici.
Dal 1 Dicembre 2012 l’Arciprete del Capitolo Metropolitano è monsignor Gianantonio Borgonovo.
È compito del Capitolo Metropolitano essere modello nelle celebrazioni, conservare il Rito Ambrosiano con le sue antiche e peculiari caratteristiche, curare il canto liturgico, partecipare alle celebrazioni presiedute dall’Arcivescovo, presiedere alla celebrazione quotidiana della Liturgia delle Ore.
L’Arciprete del Capitolo riveste anche l’ufficio di parroco della Parrocchia di Santa Tecla nel Duomo ed è coadiuvato da due vicari parrocchiali. Questa parrocchia, da sempre annessa alla Cattedrale, conserva il titolo di Santa Tecla, la vergine e martire ricordata già da sant’Ambrogio, a cui era dedicata l’antica Cattedrale di Milano. All’Arciprete spetta il compito di provvedere alla vita liturgica della Cattedrale e di sostituire l’Arcivescovo, in caso di assenza, nelle celebrazioni più solenni.
Il Capitolo Metropolitano, attualmente composto da ventuno Canonici ordinari ed effettivi, cui si aggiunge un egual numero di Canonici onorari, è retto e ordinato da proprie Costituzioni approvate dall’Arcivescovo. Nella storia della Chiesa milanese il Capitolo ebbe notevole importanza e per lungo tempo esso rappresentò l’istituzione ecclesiastica di maggior rilievo, con una struttura che andò sempre meglio precisandosi. Tra i suoi membri veniva normalmente scelto il Vescovo che, a sua volta, poteva contare tra i Canonici i suoi più validi collaboratori.
La procedura per la nomina dei Canonici non fu sempre la stessa. A volte veniva fatta dal Vescovo, altre volte dal Capitolo, altre volte dal Vescovo e dal Capitolo insieme. Soprattutto nell’età feudale non mancarono interferenze e anche imposizioni nella nomina dei Canonici da parte di feudatari e di nobili.
La composizione del Capitolo assume un assetto stabile dopo il ritorno dal volontario esilio genovese, protrattosi per ottant’anni (569- 649), in seguito all’invasione longobarda. I membri erano distinti in due ordini designati con gli appellativi di cardinales e decumani, probabilmente per suggestione della terminologia romana che designava con il nome di cardo e decumanus le due vie principali della città: cardinales e decumani, in realtà costituivano gli assi portanti della Chiesa di Milano.
L’Ordo maior, successivamente denominato anche “Capitolo maggiore”, era costituito — con riferimento al collegio apostolico — da dodici presbiteri appartenenti alle più eminenti famiglie della città che, insieme al Vescovo, attendevano al governo ecclesiastico e al servizio liturgico delle due Cattedrali: durante l’inverno in Santa Maria Maggiore, mentre durante l’estate nella più imponente basilica di Santa Tecla. Tra i Canonici maggiori alcuni avevano particolari dignità e funzioni. L’Arciprete, che era a capo dei presbiteri di quest’ordine e l’Arcidiacono, che sovraintendeva ai diaconi e svolgeva prevalentemente mansioni disciplinari.
L’Ordo minor aveva il compito di attendere al culto della Cattedrale estiva nei tempi in cui i cardinales celebravano le funzioni nella iemale e viceversa, dedicandosi alla cura pastorale nelle chiese della città ed era costituito da numerosi presbiteri – forse cento, se si dà credito all’espressione delle “cento ferule” (ferula era l’insegna dell’ufficio pastorale) – facevano capo a un Primicerio, che li convocava due volte al mese nel presbiterio della Cattedrale per istruirli e discutere con loro i problemi di vita pastorale.
Tra i due Ordini la convivenza non fu sempre facile, anzi tensioni e contrasti – soprattutto tra Arcidiacono e Primicerio – si protrassero per secoli attraverso fasi di apertura e di irrigidimento.
All’arcivescovo Carlo Borromeo si deve, nel quadro delle riforme promosse in attuazione delle disposizioni del Concilio di Trento, un deciso rinnovamento della vita liturgica in Cattedrale e una radicale revisione degli statuti del Capitolo.
Dopo la riforma borromaica, perfezionata dal suo successore l’arcivescovo Gaspare Visconti, il Capitolo assunse un assetto e un ruolo pressoché definitivi. Anni difficili per le istituzioni ecclesiastiche furono quelli della Repubblica Cisalpina che portarono, tra l’altro, anche alla soppressione del Capitolo, ricostituito nel 1802, dopo il Concordato concluso tra Pio VII e Napoleone Bonaparte.
In tempi più recenti, i cardinali Andrea Carlo Ferrari, Ildefonso Schuster e Giovanni Battista Montini (poi papa Paolo VI) hanno sottolineato la funzione primaria del Capitolo. All’arcivescovo Carlo Maria Martini si deve, infine, l’approvazione e la promulgazione (1997) delle attuali Costituzioni del Capitolo Maggiore e del Capitolo Minore.