Raffigurante “San Napoleone” e databile al 1858, il modello in gesso fu realizzato come prova preparatoria per una scultura marmorea di stesso soggetto (1860), destinata a decorare uno dei finestroni del fianco meridionale del Duomo.
Il modello, oggi esposto nella sala del Museo dedicata all’Ottocento (n. 17), fu eseguito come la statua in marmo da Abbondio Sangiorgio: milanese, dopo la formazione presso l’Accademia di Brera nel 1825 egli ricevette l’importante commissione per la sestiga scultorea a coronamento dell’Arco della Pace. Fuso in bronzo nel 1831, il gruppo rappresenta la dea della Pace su un carro trainato da sei destrieri ed è tuttora visibile.
Artista prediletto dall’aristocrazia e dall’alta borghesia di Milano, Sangiorgio lavorò per la Cattedrale dal 1823 al 1865, realizzando opere destinate sia all’arredo scultoreo del Duomo sia agli edifici attigui, come per esempio la statua della “Notte” per la decorazione dell’orologio del palazzo della Veneranda Fabbrica.
Nel modello per il “San Napoleone” l’artista ritrae il martire, uno dei compagni di san Saturnino, come un giovane uomo con le sembianze dell’omonimo Bonaparte, imperatore di Francia incoronato re d’Italia proprio in Duomo il 26 maggio 1805.
Il viso, ribassato e volto verso la destra di chi guarda, ha un’espressione meditabonda sottolineata dalle braccia conserte: la mano destra stringe una corona di palma simbolo del martirio.
Il santo veste una corta tunica con ricami (una croce sul petto e motivi fitomorfi sull’orlo inferiore), coperta in parte da un mantello morbidamente panneggiato. La gamba destra, diritta, è incatenata a un ceppo all’altezza della caviglia, mentre la sinistra appare flessa.
I piedi, calzati da sandali, poggiano su un basamento poligonale recante sul fronte un’iscrizione con il nome del santo; il piede sinistro, in particolare, sporge parzialmente dalla base.
Il “San Napoleone” appartiene a un gruppo di 23 sculture commissionate dalla Veneranda Fabbrica nel 1858, alcune delle quali accomunate da velati riferimenti politici: infatti, se l’opera di Sangiorgio è appunto un omaggio al primo dei Bonaparte, nel San Massimiliano” di Benedetto Cacciatori appare palese il collegamento con Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, già governatore della città di Milano e futuro imperatore del Messico.
Inoltre, nel “San Ferdinando” di Angelo Biella sarebbe da cogliere un’allusione a Ferdinando II delle Due Sicilie, mentre la “Santa Elisabetta d’Ungheria” di Giovanni Bellora sembrerebbe essere stata scolpita per onorare la nuova imperatrice d’Austria, detta Sissi.
Caratterizzato secondo gli studiosi da un’eredità classicista evidente nel viso, nella definizione dei capelli e nel disegno del panneggio, il gesso del “San Napoleone” esprime anche naturalezza e individualità tramite la verità degli atteggiamenti e della fisionomia: colto in un momento di pensoso raccoglimento, sottolineato dal gesto delle braccia conserte, il santo assume infatti un carattere eroico. Altero e meditativo, sembra sfidare la catena che gli cinge la caviglia, rendendo la sua imperturbabilità una vittoria sulla brutalità del martirio e conferendo alla scultura una certa carica espressiva.
Da un punto di vista iconografico si può richiamare come suggestione una delle scene del celebre ciclo pittorico dei “Fasti napoleonici” di Andrea Appiani, la “Visione di Bonaparte in Egitto”, dove il generale appare in una posa piuttosto simile.