Scultura

Stemma della Veneranda Fabbrica

di Scultore lombardo

Cronologia: XVII secolo

Misure cm: 71 × 60 × 11

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a rilievo

N. Inventario: SR169

Lo stemma, eseguito in marmo di Candoglia da un ignoto scultore lombardo nel Seicento, rappresenta dal punto di vista identitario una delle opere più significative del Museo, dove è esposto nella sala dedicata alla fine dell’età borromaica (n. 11).

Infatti, come tutti gli stemmi della Veneranda Fabbrica, esso costituisce un’interessante variante dell’iconografia della Madonna della Misericordia: sotto il mantello, nucleo simbolico dell’immagine e traduzione visiva della protezione della Vergine, al posto dei fedeli si trova qui la facciata della Cattedrale, a significare che il sostegno della Madonna si estende non solo all’edificio in costruzione, ma anche a tutte le realtà della Fabbrica e quindi all’intera Milano che supporta, partecipa e si identifica con il Duomo.

Lo stemma in oggetto, di forma rettangolare, reca al centro la facciata secondo il disegno d’inizio Seicento dell’architetto Fabio Mangone, sovrastata dalla mezza figura della Madonna incoronata, con le braccia allargate in segno di protezione e il mantello sorretto alle estremità da due angeli.

La facciata, in particolare, è riprodotta su due ordini, con un frontone terminale a volute.

Il disegno di Mangone, rimasto irrealizzato, si inserisce nel dibattito seicentesco sulla facciata del Duomo: alla metà del secolo, infatti, la fronte del monumento coincideva ancora in gran parte con quella dell’antica Cattedrale di Santa Maria Maggiore, e gli architetti dell’epoca discutevano su quale stile adottare per il suo rinnovamento: se Francesco Maria Richini proponeva una facciata di gusto classicheggiante, sulla scia del progetto cinquecentesco di Pellegrino Tibaldi ripreso anche da Mangone, Carlo Buzzi sosteneva un ritorno delle forme gotiche impiegate per il Duomo fin dalle origini.

Al netto delle diverse posizioni, la facciata sarebbe stata completata solo all’inizio dell’Ottocento, in uno stile composito frutto dell’eclettica mescolanza di diversi progetti.