La statuetta in terracotta, datata 1685 e raffigurante “San Casimiro”, è oggi esposta in Museo nella sala dedicata alla Galleria di Camposanto (n. 14), luogo nel quale dal Seicento in poi la Veneranda Fabbrica ha custodito i gessi e le terrecotte preparatori delle statue elaborate per il Duomo.
L’opera rappresenta verosimilmente san Casimiro principe di Polonia (1458-1484), scomparso in giovane età dopo una breve esistenza dedicata alla carità e alla fede. Egli è ritratto come un giovane sovrano incoronato, dallo sguardo sereno rivolto verso la sua sinistra.
Stante su un basamento poligonale e abbigliato con lorica, manto e stivaletti, il santo risulta mutilo del braccio destro; la mano sinistra stringe invece un lembo del panneggio.
Grazie ai documenti d’archivio, gli studiosi hanno ricondotto la statuetta a Isidoro Vismara, fratello di Giuseppe e nipote di quel Gaspare che dal 1632 al 1651 aveva ricoperto la carica di protostatuario (cioè scultore capo) della Cattedrale.
Vismara impiegò la statuetta del “San Casimiro” come modello per realizzarne una versione marmorea (1685-1690), destinata a un finestrone del fianco settentrionale del Duomo. La critica ha individuato nell’opera l’esito forse più alto nella produzione scultorea dell’artista, che riesce a depurare i modelli appresi nella bottega familiare e recuperare politezza ed equilibrio classici. Il modello, in particolare, mostra vivacità espressiva e dinamismo compositivo.
Per il “San Casimiro” Vismara trasse ispirazione da due statue ideate dal fratello Giuseppe: il “Re David” nella cappella Arese di San Vittore al Corpo in Milano (1674 circa), e il “Profeta Daniele” eseguito per la Cattedrale (1676). Dalla prima opera Isidoro riprende l’assetto compositivo di torso e gambe, così come l’abbigliamento alla romana che si distanzia solo per poche varianti; della seconda, il “San Casimiro” ricalca invece la postura del corpo, oltre che l’avvolgersi del manto attorno alle spalle.
Vismara tuttavia innova stilisticamente rispetto a entrambi i modelli, liberando la figura da ingombranti panneggi. Inoltre, lo scultore tratteggia sapientemente il giovane re, slanciandone le forme corporee ben definite ma non grevi ed esaltandone i dolci lineamenti del volto.