Scultura

Galeazzo Maria Sforza

di Scultore milanese

Cronologia: 1480 circa

Misure cm: 191 × 75 × 61

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a tuttotondo

N. Inventario: ST134

Raffigurante forse “Galeazzo Maria Sforza”, duca di Milano assassinato nel 1476 da tre giovani nobili spinti da ideali repubblicani, la scultura in marmo di Candoglia è databile al 1480 circa e proviene dall’esterno del Duomo, nello specifico da un finestrone della zona absidale.

Pesantemente danneggiata dai bombardamenti bellici del 1943, dopo essere stata rimossa dalla Cattedrale e restaurata l’opera è entrata in Museo nel 1953, anno della sua inaugurazione.

La statua, oggi esposta nella sala dedicata all’età sforzesca (n. 7), rappresenta un giovane nobile in abito militare, con una ricca armatura a scaglie e alti schinieri.

Il volto dai lineamenti aristocratici è circondato da una lunga e fluente capigliatura ricciuta, mentre il busto appare leggermente fuori asse rispetto al bacino; la mano destra reca un foglio arrotolato, e la posizione della sinistra sembra suggerire che il personaggio stia per prendere la parola.

L’intera figura poggia su un basamento poligonale, con il piede destro più sporgente all’esterno rispetto al sinistro.

A proporre l’identificazione del giovane nobile con Galeazzo Maria Sforza sono stati gli studiosi di primo Novecento, basandosi su diversi argomenti: oltre alla compatibilità stilistica dell’opera con l’anno di morte del duca, essi ipotizzavano che la scultura potesse essere un omaggio della Fabbrica a Galeazzo Maria, firmatario nel 1473 di un decreto a favore dell’ente per lo sfruttamento in esclusiva delle cave di marmo di Candoglia.

Effettivamente, i documenti d’archivio testimoniano che nel 1478 la Fabbrica assegnò allo scultore Giovanni Antonio Amadeo, attivo per l’ente anche come architetto, una statua in memoria del duca defunto. Tuttavia lo stile dell’Amadeo a questa altezza cronologica, esemplificato da rilievi eseguiti per la cappella Colleoni di Bergamo e la Certosa di Pavia, risulta incompatibile con quello della scultura del Duomo, ancora partecipe delle ultime eleganze dell’arte cortese nell’atteggiamento aggraziato e nella compiaciuta eleganza della posa.

In tempi più recenti, l’opera è stata accostata alla “Sant’Agnese” (1491) di Benedetto Briosco, anch’essa esposta in Museo: eppure, le ultime ricerche non individuano affinità evidenti tra l’affusolata figura della santa, con il fremente linearismo dei suoi panneggi, e le forme più dilatate e compatte del giovane guerriero, così come non sembrano vincolanti i riferimenti leonardeschi spesso attribuiti all’opera.

Secondo questi ultimi studi appare quindi più prudente assegnare la statua a un ancora ignoto scultore milanese; quanto poi all’identificazione del soggetto con Galeazzo Maria, si tratterebbe di un ritratto idealizzato, visto che le fattezze non corrispondono a quelle tramandateci dalla ricca iconografia ducale.