La scultura, datata 1972 e custodita presso i depositi della Veneranda Fabbrica, è la fusione bronzea postuma dell’esemplare in gesso eseguito nel 1954 da Lucio Fontana per una irrealizzata pala in marmo di Candoglia, destinata all’altare di sant’Agata nella navata destra del Duomo.
Dopo la vittoria alla pari di Fontana e del collega Luciano Minguzzi nel concorso per la quinta porta della Cattedrale (1952), la Fabbrica commissiona infatti a Fontana il modello per un’ancona dedicata all’Assunzione della Vergine in cielo. Lo scultore, maestro italo-argentino dello Spazialismo celebre in tutto il mondo per i suoi “Tagli”, crea una prima versione la cui parte inferiore, raffigurante la “Pietà”, non incontra il favore dell’ente.
Anche una seconda versione, con una diversa rappresentazione della “Pietà”, non viene però accettata: pur apprezzando l’elevato valore formale dell’opera, come già accaduto per le prove relative al concorso della quinta porta la Fabbrica ritiene che la modernità dello stile fontaniano, sospeso tra figuralità e astrazione, non sia compatibile con quello generale del Duomo.
La pala in marmo di Candoglia non viene quindi realizzata. Tuttavia, consapevole del suo grande valore artistico, nel 1972 la Fabbrica decide di far fondere in bronzo il modello per salvaguardarne l’integrità: nei primi anni Duemila il gesso originale è stato concesso in deposito al Museo Diocesano di Milano, dove è tuttora esposto insieme alla quasi totalità dei modelli elaborati da Fontana per il concorso della quinta porta (anch’essi fatti fondere in bronzo tra 1971 e 1972).
La pala dell'”Assunta” è composta da due formelle rettangolari: quella superiore ritrae Maria che ascende al cielo, allargando le mani per effetto di uno stupore improvviso, mentre l’aria le movimenta la veste e il velo. Quella inferiore rappresenta invece una “Pietà” di dimensioni minori, con Cristo esanime giacente davanti alla Vergine.
Sia l'”Assunta” sia la “Pietà” emergono da un fondale magmatico.
Gli studiosi hanno evidenziato come nell’opera Fontana abbia scelto di porre l’accento sull’umanità di Maria, colta di sorpresa dal manifestarsi del divino: la Vergine, infatti, apre le mani in risposta allo smarrimento di sentire il proprio corpo staccarsi dal suolo, con i piedi scoperti dal fluttuare della veste e lo sguardo immerso nel ripercorrere l’esistenza terrena. Ormai alle soglie del Paradiso, Maria rivive così la tragedia della morte del Figlio, veicolando con la sua compassione il dolore materno e il mistero dell’Incarnazione e del sacrificio di Cristo.