Raffigurante un “Profeta”, la scultura in marmo di Candoglia è databile fra l’ultimo decennio del Trecento e il primo del secolo successivo. Proveniente dal capitello di un pilone del capocroce del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.
Il “Profeta” appare come un uomo maturo con barba e capelli lunghi, divisi in ciocche a onde parallele, ricoperto sino ai piedi dalla veste e avvolto dal mantello.
Il peso del corpo poggia sulla gamba sinistra piegata in avanti, determinando nella figura un accentuato anchement (ancheggiamento), mentre il volto è lievemente inclinato verso la sinistra del personaggio.
Il profeta tiene con entrambe le mani le estremità di un cartiglio, che forma un’ampia ansa rigonfia verso l’alto.
Secondo gli studiosi, l’opera è indicativa di un cambiamento che avviene nel cantiere scultoreo del Duomo in seguito all’arrivo a Milano, nell’ultimo decennio del Trecento, dei tedeschi Heinrich Parler e di Ulrich von Eisingen: esso determina un linguaggio progressivamente più morbido, dai panneggi semplificati e dalle figure più allungate, omogeneo a quello di altre cattedrali europee.
Per quanto riguarda l’autore del “Profeta”, studi recenti lo identificano con l’ignoto scultore tedesco che, fra Trecento e Quattrocento, realizza per il Duomo un “Apostolo” attualmente situato sul capitello di un pilone dell’area presbiteriale (il numero 75). Opera di spicco all’interno della statuaria maggiore del Duomo, l'”Apostolo” condivide con il “Profeta” l’andamento flessuoso e aderente del panneggio, la stilizzazione idealizzata dei caratteri fisiognomici (in particolare l’andamento delle chiome) e la sostenuta eleganza formale.