Raffigurante “Santa Lucia”, la scultura in marmo di Candoglia è databile fra il terzo e il quarto decennio del Quattrocento. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.
La santa siracusana, accecata e uccisa nel IV secolo per difendere la sua fede in Dio, è rappresentata come una giovane donna con il capo coperto da un manto. La figura reca nella mano destra un recipiente con gli occhi, simbolo del martirio, e nella sinistra un libro chiuso.
Il mantello si raccoglie in eleganti pieghe sul fianco destro e lascia vedere la veste sottostante che scende fino ai piedi; la santa, con il capo volto verso la sua destra, ha la gamba sinistra leggermente avanzata, con la punta del piede che spunta dall’orlo della veste.
Il viso sottile, dai tratti minuti e regolari, caratterizzato da mento piccolo e bocca con gli angoli leggermente
rivolti verso il basso, ha un’espressione dolcemente malinconica.
Per quanto riguarda l’autore, gli studiosi hanno ipotizzato che possa essere riconosciuto in un allievo di Jacopino da Tradate, dal 1415 scultore a vita presso il cantiere del Duomo e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi. Al 1424 risale la sua statua marmorea di papa Martino V nel tornacoro, dalla quale emergono sia un’interpretazione classicheggiante della pienezza lombarda, come testimonia la morbida ricchezza del panneggio, sia una forte tensione naturalistica, che indaga tanto i particolari naturalistici quanto la psicologia del soggetto rappresentato.
Nello specifico, la “Santa Lucia” risulta dotata di una grazia e di un’intensità espressiva che evocano le figure di sante realizzate da Jacopino negli anni Venti per i finestroni X e XXX del transetto settentrionale del Duomo, in particolare “Sant’Elena” e “Santa Cristina”.