Raffigurante “Sant’Agapito” e databile fra 1605 e 1607, la scultura in marmo di Candoglia proviene dal capocroce del transetto meridionale del Duomo, da dove fu rimossa nel 1943 per proteggerla dai bombardamenti bellici. Entrata dieci anni più tardi in Museo, si trova qui tuttora esposta presso la sala dedicata all’età borromaica (n. 10).
Come accennato l’opera rappresenta sant’Agapito, giovane martire laziale del III secolo che prima di morire decapitato fu sottoposto inutilmente a vari supplizi: in particolare, la scultura del Duomo lo ritrae appeso a testa in giù al tronco di un albero, per mezzo di corde che gli stringono le caviglie.
Coperto solo da un panneggio trattenuto in vita da una fascia, il santo poggia il braccio destro piegato sul basamento, dove si trova un focolare la cui fiamma lambisce la corta chioma ricciuta di Agapito; il volto dagli occhi chiusi appare contratto in un’espressione sofferente, mentre il braccio sinistro è anch’esso piegato e rivolto verso l’alto, con la mano priva di tutte le dita. La mano destra risulta invece mutila di un solo dito.
L’intera scultura è impostata su una torsione del corpo della figura verso la sua sinistra.
Grazie ai documenti d’archivio, il “Sant’Agapito” è stato attribuito dagli studiosi a Marco Antonio Prestinari: originario di Claino, sul lago di Lugano, egli lavorò per il cantiere della Cattedrale dal 1605 al 1621, anno della sua morte. Anche suo fratello maggiore, Cristoforo Giovanni, fu scultore e realizzò opere per il Duomo.
Artista molto apprezzato dal cardinale Federico Borromeo, Marco Antonio fu uno scultore di forte impronta classicista e michelangiolesca, alla quale si aggiunse un certo leonardismo che andava incontro al gusto del religioso. Per quanto riguarda il “Sant’Agapito”, gli studiosi hanno sottolineato la descrizione sensibile e naturalistica del corpo del giovane martire, così come l’originalità della posa: a tale proposito, è possibile che proprio il Borromeo, impegnato in quegli anni nella creazione della Biblioteca Ambrosiana, abbia suggerito a Prestinari l’inusuale rappresentazione del santo in omaggio a papa Agapito (535-536), cui si deve la formazione della prima biblioteca pontificia.
Dopo il “Sant’Agapito”, a partire dal 1614 Prestinari fu impegnato nell’esecuzione di alcune formelle marmoree di tema mariano per il tornacoro della Cattedrale (“Natività di Maria”, “Sposalizio della Vergine”, “Sogno di san Giuseppe” e “Natività”), nelle quali il suo linguaggio appare più manierato e meno naturalistico.