Raffigurante “Sant’Apollonia”, la scultura in marmo di Candoglia è databile fra il sesto e il settimo decennio del Quattrocento. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.
La santa, vergine cristiana uccisa nel III secolo ad Alessandria d’Egitto, è rappresentata con lo strumento del martirio, le tenaglie con il dente strappato, nella mano sinistra dalle dita lunghe e affusolate; la destra regge invece un grosso volume chiuso, puntualmente descritto nelle cinghie di cuoio che lo serrano, e nelle pagine, distinguibili sia nel taglio davanti sia in quello di testa.
La figura ha un viso arrotondato dall’ampia fronte senza sopracciglia, segnato da piccoli occhi con un caratteristico taglio allungato, naso pronunciato e bocca minuta. Il capo della santa, leggermente reclinato verso la sua sinistra, è coperto da un ampio manto profilato da una ricca bordura a perle e piccole frange che, aperto sul davanti, lascia intravedere la veste sottostante. Quest’ultima, plissettata sul petto e con scollo anch’esso modanato ma a losanghe, ricade fino alla base, dove si adagia ripiegandosi abbondantemente su sé stessa.
Flettendosi in due punti, il velo attorno alla testa descrive dei riccioli a S, di cui quello sopra la fronte è scavato con il trapano.
Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi attribuiscono la “Sant’Apollonia” a Cristoforo Luvoni, scultore attivo per i principali cantieri milanesi caratterizzato da un linguaggio plasmato ancora su quello di Jacopino da Tradate, fino a ben oltre la metà del secolo. Operativo presso il Duomo dal 1401 al 1425, Jacopino ottenne il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.
Tornando alla “Sant’Apollonia”, la statuetta mostra forti affinità con varie altre opere milanesi di Luvoni: per esempio la “Madonna con Bambino” della tomba Birago, firmata e data (1455) dall’artista in San Marco, che presenta nel volto gli stessi tratti somatici della “Sant’Apollonia” (viso arrotondato, ampia fronte senza sopracciglia, occhi dal taglio allungato).
Non meno eloquente è poi l’accostamento con l’”Annunciazione” della Ca’ Granda (1465), dove i paludamenti dell’arcangelo Gabriele e di Maria appaiono profilati dalle stesse bordure e frange che decorano la veste della “Sant’Apollonia”.
Importanti poi le analogie individuabili con alcune statuette del Museo del Duomo dalle misure non dissimili: un “Evangelista” (1455 circa), un “Abramo” (1460-1470) e un “Giona” (1450-1455), provenienti dallo stesso capitello della “Sant’Apollonia”.