Raffigurante “Sant’Uguccione” e databile al 1678, il modello in terracotta fu eseguito come prova per la statua marmorea (1687) collocata in origine su uno dei capitelli del tiburio del Duomo, anch’essa oggi esposta in Museo nella sala n. 15. Quest’ultima custodisce in larga parte le prove d’ingresso scultoree presentate tra la fine del Seicento e il Settecento dagli artisti per essere ammessi alle dipendenze della Veneranda Fabbrica.
Il modello in oggetto rappresenta appunto sant’Uguccione, nome con il quale era venerato san Lucio martire, pastore e casaro della Val Cavargna vissuto probabilmente fra il XII e il XIII secolo nella località comasca. L’opera lo ritrae intento a donare del formaggio a un povero mendicante, situato sulla destra della composizione con il ginocchio sinistro sorretto da una stampella. Di dimensioni minori rispetto al santo, il mendicante risulta mutilo del braccio sinistro, che in origine reggeva una scodella per l’elemosina.
Cinto ai fianchi da un ampio panneggio a pieghe profonde che ricade sul retro fino a terra, il possente sant’Uguccione ha il volto incorniciato da corti capelli ondulati e da una lunga barba a ciocche: mutilo del braccio destro e dell’indice della mano sinistra, il santo è caratterizzato da un’accentuata torsione del busto verso la sua destra, sottolineata dal braccio sinistro che regge la forma di formaggio e dal braccio destro, in origine sollevato e munito di un coltello.
La gamba destra, il cui piede tocca una piccola botte, riequilibra la composizione contrapponendosi alla rotazione.
Entrambi i personaggi poggiano su un basamento tondeggiante.
Grazie ai documenti d’archivio il modello è stato attribuito dagli studiosi a Giuseppe Carlo Antonio Pagani, noto come Carlo Pagano e operante per il Duomo nella seconda metà del Seicento: originario della Valsolda, dove era diffuso il culto di sant’Uguccione, egli scelse proprio il martire come soggetto della sua prova d’ingresso.
Dal punto di vista stilistico, oltre a distinguersi per il forte dinamismo plastico, il modello presenta nella figura di sant’Uguccione un’impostazione eroica, ben diversa dalla resa del mendicante. Quest’ultimo, infatti, mostra una connotazione quasi grottesca, derivante dall’attenta indagine di particolari quali la smorfia del volto e il panneggio fitto e poco rilevato delle vesti: caratteristiche riconducibili all’attività di Pagano per la statuaria destinata a popolare i Sacri Monti lombardi.