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L’arte della sostituzione delle sculture

marmisti - appuntatura
1 Marzo Mar 2019 0930 01 marzo 2019

Una domanda spesso ricorrente fra coloro che entrano in contatto per la prima volta con il Duomo di Milano e i suoi cantieri riguarda la sostituzione delle statue o dei pezzi ammalorati sulla Cattedrale: “Quando si decide di cambiare una scultura?”, “Secondo quali canoni viene valutato lo stato di conservazione del marmo?”, “Sono sostituite con copie?” e con quali tecniche?

Da quando si manifestarono i primi segni di degrado, la sostituzione delle parti ammalorate fu pratica costante dell’attività di cantiere fin dal XVII secolo, ciò significa che già a distanza di due secoli dall’avvio della costruzione della Cattedrale in marmo, si iniziò a restaurare contemporaneamente all’edificazione del Monumento, simbolo dei milanesi stessi.

“Sostituire” può sembrare una misura brutale mascherata da pudica disinvoltura nel ri-fare, ma in realtà non si tratta di modificare ciò che la storia ci ha lasciato in eredità. Quello che la storia ci ha lasciato è fondamentale preservarlo dal depauperamento, proprio perché figlio di un processo nel quale si trovano le nostre radici ed i suoi esiti non devono essere artefatti; la Veneranda Fabbrica a differenza di molte alte fabbricerie, in 630 anni è rimasta proprio per questo viva in ogni suo obiettivo, missione e funzione.

La dimensione manutentiva della struttura architettonica è una responsabilità di cui la Fabbrica si è fatta portatrice, un impegno verso i milanesi e verso il mondo, in quanto detentrice di un patrimonio culturale, bene dell’umanità intera. Ciò comporta un susseguirsi di interventi necessari a conservare la completezza del Monumento e garantire la sicurezza che eventuali cadute, ad esempio di elementi perimetrali, avrebbero potuto mettere a repentaglio.

Nel XIX sec. il formarsi di una coscienza internazionale del restauro architettonico comportò un grande incremento di interventi: completamenti di parti mancanti del tiburio, della facciata, l’erezione di nuove guglie e gugliotti e parallelamente nel 1885-86 si segnala la sostituzione della prima statua in stato di grave stato di degrado. Da questo primo episodio, grazie alla relazione dell’arch. Paolo Cesa Bianchi, fu aperto un nuovo capitolo fra i compiti della Fabbrica: “Sostituzioni”.

Ma cosa significa fare una copia? Quale tecnica viene applicata?

Dall’epoca classica a quella romana si sono succedute molteplici prassi scultoree per la riproduzione del manto marmoreo che col tempo si sono affinate ed evolute, per citarne alcune: l’uso dei 3 compassi, il filo a piombo con griglia, compasso e squadre graduate e l’appuntatura.

La tecnica dell’appuntatura consiste nello spostamento di un telaio costituito da due asticelle di legno a forma di T, sulle cui 3 estremità vengono fissati 3 perni appuntiti. I 3 perni divengono i sostegni per tenere il telaio sollevato di 15/20 centimetri dalla superficie del modello e quindi del marmo da scolpire. Essi si appoggiano in 3 forellini ricavati prima sul modello e poi sul marmo presagomato, divenendo così i capopunti, gli stessi che ospiteranno il telaio ogni volta che verrà spostato.

Il telaio a T oggi utilizzato congegna 2 tubi in ottone, analoghi a quelli in legno, con braccetti snodabili, che alla propria estremità hanno un ago di circa 30cm scorrevole per stabilire le quote dei punti. I molteplici punti così rilevati sul modello, con un procedimento che si ripete tante volte, garantisce la fedeltà e l’estrema precisione della copia.

Il vantaggio della tecnica dell’appuntatura, rispetto alle altre, consiste nella certezza del materiale tolto e nell’assoluta esattezza del rapporto tra i punti.

Come la definisce Nicola Gagliardi, scultore per la Veneranda Fabbrica del Duomo per oltre 30 anni, “una tecnica indispensabile, che permette di recuperare la storicità di sculture originali”.