La statuetta in gesso, datata 1819 e oggi custodita nel deposito del Museo, raffigura “San Paolino”.
L’agiografia cristiana ricorda più santi con questo nome, come per esempio san Paolino di Nola (IV-V secolo), ritenuto il primo ad usare le campane nella Chiesa, e san Paolino di Aquileia, vescovo che fra VIII e IX secolo si adoperò nel convertire alla fede gli Avari e gli Sloveni.
La statuetta del Museo del Duomo rappresenta un uomo dalla chioma mossa, con il viso dall’espressione assorta rivolto verso l’alto e orientato alla sua destra.
Abbigliato con una toga dagli ampi panneggi, san Paolino porta la mano sinistra al petto, mentre la destra è distesa lungo il fianco.
Stante su un basamento poligonale, il santo indossa dei calzari chiusi alti fin sopra le caviglie.
Realizzata come modello per una versione marmorea da collocare su una guglia del Duomo, l’opera è stata attribuita dagli studiosi a Grazioso Rusca: originario di Rancate, nel Canton Ticino, e discendente da una famiglia di artisti, pur rimanendo legato alla tradizione della sua terra lo scultore riuscì comunque ad appropriarsi dei modi gotici e barocchi con tecnica e spirito disinvolti.
Allievo dell’intelvese Stefano Saverio, nel 1785 Rusca fu accolto fra gli artisti della Veneranda Fabbrica in qualità di scultore “stabilmente ammesso”. Risalgono a questo periodo le sue prime opere per la Cattedrale, ossia i bassorilievi destinati alla seconda fascia basamentale di facciata, per la quale nel 1786 era stata iniziata la serie di rilievi ispirata a soggetti dell’Antico Testamento (“Mosè salvato dalle acque”, “Elia che resuscita il figlio della vedova di Sarepta”, “Davide e Golia”, “Fuga di Loth da Sodoma”).
Al 1795 data invece il primo dei tre “Telamoni” eseguiti per la facciata, accomunati da un linguaggio artistico più misurato rispetto a quello delle opere di stesso soggetto realizzate per il Duomo fra Seicento e Settecento.
In particolare, nella definizione di particolari secondari come le capigliature, lo scultore tende a una descrizione decisamente più classicista, evidente anche nei panneggi meno rigonfi che aderiscono alle membra rilevate.
Nominato protostatuario, cioè scultore capo della Fabbrica, nel 1805, Rusca fu attivo per il Duomo fino alla morte, firmando statue di profeti per la facciata e di santi per le guglie: figure energiche influenzate dal manierismo di Pellegrino Tibaldi oppure interpretate con compostezza e grazia neoclassiche.
Autore di indubbie qualità tecnico-artistiche, Rusca lavorò non solo a Milano (per esempio all’Arco della Pace e in San Satiro) ma anche in altre località, tra le quali Novara. Qui, in San Gaudenzio, gli sono attribuite varie statue del braccio destro del transetto, come quella raffigurante “San Massimo” (1826-1829).