Raffigurante “San Massimiliano” e databile al 1858, il modello in gesso fu realizzato come prova preparatoria per una scultura marmorea di stesso soggetto (1861), destinata a decorare uno dei finestroni del fianco meridionale del Duomo.
Il modello, oggi esposto nella sala del Museo dedicata all’Ottocento (n. 17), fu eseguito come la statua in marmo da Benedetto Cacciatori: originario di Carrara e trasferitosi nel 1810 a Milano per i lavori dell’Arco della Pace, egli s’iscrisse all’Accademia di Brera e iniziò la sua attività per la Cattedrale nel 1823, terminandola quasi quarant’anni più tardi.
Scultore di fiducia dei Savoia nonché titolare della cattedra di scultura a Brera dal 1853, nella sua produzione Cacciatori non rinnegò mai la formazione neoclassica, anche se gli studiosi hanno evidenziato in essa una svolta naturalistica precisa e consapevole, dai tratti intimisti e vagamente romantici.
Nel modello per il “San Massimiliano”, l’artista ritrae il martire cristiano ucciso nel III secolo in Numidia, nell’attuale Algeria, come un giovane soldato vestito con un’ampia tunica che ne maschera l’anatomia.
Il viso dall’espressione grave, ribassato e volto verso la sinistra del santo, è concluso superiormente da un elmo con cimiero che lascia sfuggire ai lati alcuni lunghi riccioli.
Se il braccio sinistro cinge uno stendardo decorato con una croce e il cristogramma IHS, la cui asta giunge a toccare terra, quello destro è piegato, la mano corrispondente posata sul petto.
A differenza della destra, la gamba sinistra appare flessa, ed entrambi i piedi, coperti da lunghi calzari, poggiano su un basso basamento.
Il “San Massimiliano” appartiene a un gruppo di 23 sculture commissionate dalla Veneranda Fabbrica nel 1858, alcune delle quali accomunate da velati riferimenti politici: infatti, se l’opera di Cacciatori è un probabile omaggio a Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, già governatore della città di Milano e futuro imperatore del Messico, nel “San Napoleone” di Abbondio Sangiorgio appare palese il collegamento con il Bonaparte.
Inoltre, nel “San Ferdinando” di Angelo Biella sarebbe da cogliere un’allusione a Ferdinando II delle Due Sicilie, mentre la “Santa Elisabetta d’Ungheria” di Giovanni Bellora sembrerebbe essere stata scolpita per onorare la nuova imperatrice d’Austria, detta Sissi.
Caratterizzato secondo gli studiosi da un costante legame al classicismo, il modello in gesso del “San Massimiliano” di Cacciatori presenta una composizione risolta con l’espediente del paludamento, che occultando l’anatomia della figura mediante i panneggi dà corpo a una volumetria depurata e portata all’essenziale.
Rispetto al gesso preparatorio della “Santa Apollonia” (1854), sempre eseguito da Cacciatori per il Duomo e anch’esso esposto in Museo, quello del “San Massimiliano”, al di là delle indubbie qualità tecniche e dell’eleganza formale, ha una qualità emotiva minore (si vedano l’espressione del viso e la convenzionale mano portata al petto).