La lastra in marmo di Candoglia, risalente al terzo quarto del Quattrocento, proviene con ogni probabilità dall’interno del Duomo, insieme ad altre due opere dello stesso tipo. Tutte e tre sono oggi esposte nella sala del Museo dedicata all’età sforzesca (n. 7).
La lastra, lavorata a traforo, appare costituita da una cornice quadrata, al cui interno è ricavato un oblò circolare che contiene, a sua volta, lo scudo con lo stemma visconteo-sforzesco.
Quest’ultimo è suddiviso in quattro riquadri: partendo in alto a sinistra, essi ospitano l’aquila del Sacro Romano Impero (primo e quarto) e l’arma viscontea della vipera che ingoia il saraceno (secondo e terzo).
Tale blasone fu assunto in questa forma da diversi membri della famiglia Visconti in seguito alla nomina a vicario imperiale, da parte di Adolfo di Nassau, di Matteo I Visconti (1294); dopo il conferimento da parte dell’imperatore Venceslao del titolo di duca a Gian Galeazzo Visconti, il 4 gennaio 1395, lo scudo, sormontato dalla corona ducale (qui mancante), fu impiegato come stemma – il cosiddetto “Ducale” – del ramo regnante dei Visconti.
Con la successione al potere, nel 1450, gli Sforza si appropriarono anche delle insegne viscontee.
Gli studiosi ipotizzano che la lastra, come le altre due, fosse inserita all’interno di un muro o di una finestra del Duomo. Rilievi molto simili a quelli in esame si trovano sulla facciata della cattedrale di Como, dove svolgono una funzione decorativa come elementi terminali alla base dei finestroni: questa soluzione non trova però riscontro nella Cattedrale milanese, dove tale tipo di rilievo a traforo è invece impiegato nel presbiterio, nel transetto e lungo le navate.
In particolare, questi elementi si trovano in una posizione laterale e ribassata rispetto alle finestre che si aprono sull’esterno, all’altezza dell’imposta degli archi delle crociere, probabilmente per consentire l’areazione e l’illuminazione dei condotti presenti al di sopra delle volte delle navate minori.
Eseguita da un ignoto lapicida o scalpellino, al pari delle altre due esposte in Museo la lastra traforata con lo stemma visconteo-sforzesco fu forse dismessa all’epoca di Carlo Borromeo (1565-1584), quando l’arcivescovo perorò una campagna contro le manifestazioni più appariscenti e sfrontate del potere laico e nobiliare all’interno dei luoghi di culto.