Tessili

Mosè riceve le Tavole della Legge

di Karcher Nicola (Bruxelles, 1497/1498 - Mantova, 1562) da un cartone di Bertani Giovanni Battista (Mantova, 1516-1576)

Cronologia: 1554/1555-1556

Misure cm: 377 × 265

Materia e Tecnica: Trama di lana, seta, argento e oro

N. Inventario: TSA10

L’arazzo, in trama di lana, seta, argento e oro, appartiene a una serie di “Storie di Mosè” comprendente altri due esemplari narrativi (“Passaggio del Mar Rosso” e “Il serpente di bronzo”) e un panno complementare con “Giochi di putti”, tutti custoditi presso il Museo nella sala a loro dedicata (n. 13).

La serie era in origine completata da ulteriori tre panni narrativi (“Mosè e i falsi profeti davanti al faraone”, “La Pasqua”, “La raccolta della manna”), andati perduti nell’incendio che il 3 agosto 1906 colpì il padiglione Arti Decorative dell’Esposizione Internazionale di Milano, nel quale erano temporaneamente esibiti.

Notevole per la finissima e sontuosa esecuzione e per le bordure con festoni vegetali arricchiti da trofei di caccia e di pesca, scenette figurate o allegoriche, targhe e maschere, la serie di arazzi fu commissionata dai Gonzaga intorno al 1554 alla manifattura mantovana del brussellese Nicola Karcher, uno dei più illustri tessitori dell’epoca attivo in Italia. I cartoni preparatori, dispersi, sono opera di Giovanni Battista Bertani, allievo di Giulio Romano nominato nel 1549 architetto del duca Guglielmo Gonzaga. Fu quest’ultimo a donare la serie all’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, imparentato con la dinastia mantovana, che nel 1569 a sua volta li cedette al Duomo.

L’arazzo con la “Consegna delle Tavole della Legge” raffigura Mosè, abbigliato di rosso e inginocchiato su una roccia del Monte Sinai, davanti a uno sfondo di gonfie e tondeggianti nuvole grigie, tra le quali appaiono le mani di Dio recanti le Tavole del Decalogo con le leggi morali e culturali per il popolo ebraico.

La bordura, con ammassi di foglie e frutti sui lati orizzontali e trofei di uccelli e mascheroni sui montanti, contiene anche tre ovali: essi rappresentano la “Guarigione di Tobia” (o “Giacobbe che benedice i figli di Giuseppe”) e l’”Arcangelo Raffaele” negli angoli superiori e la “Giustizia” al centro del lato inferiore.

Secondo gli studiosi, concordi nel rilevare il carattere visionario e surreale dell’insieme e la fisionomia grottesca, ispirata da Giulio Romano, di Mosè, la prima scena alluderebbe alla reggenza del ducato di Mantova da parte del cardinale Ercole Gonzaga per conto dei nipoti Francesco III e Guglielmo; la personificazione della “Giustizia”, invece, si collega col soggetto principale dell’arazzo, ma è anche un’allusione alla retta conduzione dello stato da parte dei giovani duchi e del reggente.

Lo stile dell’episodio e dell’intera serie appare composito, con spunti tratti da maestri rinascimentali e manieristi quali, oltre al già citato Giulio Romano, Raffaello, Michelangelo, Francesco Salviati e Agnolo Bronzino.