Prezioso esempio dell’eccellenza raggiunta dall’arte ricamatoria milanese tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, il capino di piviale detto “di san Carlo” costituisce, insieme al paliotto esposto presso il Museo del Duomo, uno dei due elementi superstiti del corredo liturgico eseguito fra 1609 e 1610 per la canonizzazione di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1563 al 1584 e personalità fondamentale della riforma conciliare post-tridentina.
Per la cerimonia, che si svolse in contemporanea il 4 novembre 1610 presso la Cattedrale milanese e la Basilica di San Pietro a Roma, la Veneranda Fabbrica del Duomo commissionò infatti un corredo formato da due paramenti completi e tre paliotti d’altare, totalmente disperso a eccezione appunto del paliotto e del capino di piviale (oggi depositato).
Ricordati dalle fonti antiche per la ricchezza e qualità dei materiali e per la raffinatezza d’esecuzione, i due elementi furono realizzati da due artefici milanesi. Infatti, se Pompeo Berlusconi si occupò delle applicazioni in canutiglie d’oro e argento, Antonia Pellegrini creò i ricami “a punto pittura” (“San Carlo” nel medaglione centrale del paliotto e l'”Incoronazione della Vergine” nel capino di piviale): una tecnica che consisteva nel ricamare le figure con punti tanto minuti da far apparire l’immagine come se fosse dipinta.
Il capino, o “scudo”, è situato nella parte posteriore del piviale, ampia veste semicircolare entrata nella liturgia tra il VII e l’VII secolo e attualmente usata fuori dalla Messa (per benedizioni, consacrazioni, processioni ecc.). Quello detto “di San Carlo” raffigura, come si è detto, l'”Incoronazione della Vergine”: Maria, tra un cumulo di nuvole e teste di cherubini, è inginocchiata al centro con le braccia conserte, mentre viene incoronata da Cristo (a sinistra) e Dio Padre (a destra). Sopra la corona si trova la colomba dello Spirito Santo entro una raggiera dorata.
L’opera è realizzata mediante ricamo a punto raso, spaccato, posato e passante, eseguito con sete policrome, argento filato (anima in seta écru), oro filato (anima in seta gialla) su un fondo di taffetas bianco. Il bordo dello scudo, in teletta d’oro, è ornato da una treccia a due capi in canutiglia dorata, identica a quella che incornicia il medaglione al centro del paliotto di san Carlo.
Per quanto riguarda i disegni preparatori dei ricami, Pompeo Berlusconi lavorò certamente su schemi di Giovanni Battista Crespi detto il Cerano, sensibile interprete artistico del clima della Controriforma che, con molta probabilità, fornì i disegni anche per i ricami di Antonia Pellegrini.