Deposito

Borsa di corporale detta di san Carlo

di Bottega milanese (applicazione); laboratorio milanese (ricamo)

Cronologia: 1613

Misure cm: 30 × 31

Materia e Tecnica: Filati di seta e oro a ricamo con applicazioni di canutiglie in oro, argento e perle

N. Inventario: TSR4

Destinata a custodire il corporale, cioè il quadrato di lino utilizzato nelle celebrazioni liturgiche per deporvi i vasi e recipienti sacri contenenti le specie eucaristiche, la borsa detta “di san Carlo” (oggi depositata) è un prezioso esempio dell’eccellenza raggiunta dall’arte ricamatoria milanese tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento.

Originariamente ritenuta parte del doppio paramento commissionato nel 1610 dalla Veneranda Fabbrica del Duomo per la cerimonia di canonizzazione di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1565 al 1584 e personalità fondamentale della riforma conciliare post-tridentina, di recente la borsa è stata individuata in quella donata nel 1613 alla tomba del santo da suor Angelica Agata Sfondrati, nipote di papa Gregorio XIV e priora del monastero milanese di San Paolo Converso.

Il manufatto risulta coperto, sul lato anteriore, con una “teletta d’oro” (taffetas lanciato in metallo), ricamata per applicazione con canutiglie d’oro e d’argento e perle di fiume. La copertura del lato anteriore è invece in taffetas di seta rosso, di fattura moderna.

La decorazione del lato anteriore è costituita da un medaglione centrale con il ritratto a mezzo busto di san Carlo Borromeo, incorniciato da un decoro geometrico-floreale; alla sinistra del medaglione sono i simboli cardinalizi (le chiavi incrociate, il cappello, la croce sormontata dalla lettera “V” e dalla corona fiorita), mentre quelli vescovili appaiono a destra (la mitra e il pastorale, sormontato dalla lettera “M” e da una corona con palme e lauro).

Nel medaglione centrale con l’effige di san Carlo il ricamo è eseguito sul fondo di taffetas écru a punto raso, punto spaccato e punto passante con sete policrome e lumeggiature in oro filato (su anima in seta gialla).

Sotto al ritratto campeggia invece il motto “Humilitas”, e sopra il libro con la lettera “D” sormontato dalla corona principesca dei Borromeo. Le tre lettere (“V”, “D”, “M”) stanno per “Veneranda Diocesis Mediolanensis”).

In assenza di documentazione, non è possibile stabilire con certezza se le decorazioni della borsa siano opera degli stessi artefici milanesi che avevano lavorato fra 1609 e 1610 al paliotto e al capino di piviale appartenenti al doppio corredo per la canonizzazione di san Carlo: Pompeo Berlusconi (applicazioni in canutiglie d’oro e argento) e Antonia Pellegrini (ricami “a punto pittura”, tecnica che consisteva nel ricamare le figure con punti tanto minuti da far apparire l’immagine come se fosse dipinta).

Lo stesso vale per il disegno preparatorio del volto del santo nel medaglione centrale, che la critica ha escluso possa essere della stessa mano creatrice della medesima la figura al centro del paliotto, cioè probabilmente Giovanni Battista Crespi detto il Cerano. Secondo gli studiosi, il pittore potrebbe invece essere ricercato fra gli artisti attivi in quegli anni per San Paolo Converso, tra i quali il fratello di Cerano, Ortensio Crespi.

Non a caso suor Angelica Agata Sfondrati, che da Carlo Borromeo aveva ricevuto nel 1581 la consacrazione monastica, nello stesso periodo in cui commissionò la borsa promosse anche importanti committenze artistiche in qualità di priora di San Paolo Converso: fra esse si ricorda, in particolare, il completamento della facciata della chiesa del monastero, con statue marmoree di Cerano e una “Madonna di Loreto” bronzea realizzata da Giovanni Battista Farina.