Realizzato in argento dorato e arricchito da particolari in smalto blu, il pastorale di Ariberto è un prezioso bastone vescovile donato al Tesoro di san Carlo Borromeo dall’arcivescovo milanese Federico Caccia, in carica dal 1696 al 1699.
Tradizionalmente ricondotto all’arcivescovo Ariberto da Intimiano (1018-1045), dal quale prende il nome, il pastorale risale in realtà al Seicento ed è oggi custodito in Museo nella sezione dedicata al Tesoro del Duomo (sala n. 2).
L’opera si compone di due elementi: il bastone di supporto, in legno argentato, e la parte sommitale, in argento dorato.
Il riccio terminale di quest’ultima, ornato sui profili da motivi vegetali aggettanti, è siglato da una cartella ovaliforme rilevata e sovrastato da una crocetta; come il massiccio nodo architettonico, ravvivato da decori a ricciolo, esso risulta inoltre impreziosito da placchette di varie dimensioni e forma, in smalto blu simulante la tecnica cloisonné, nonché da fitte puntinature che delineano motivi astratti.
Alla base del riccio si trova inciso uno stemma vescovile o canonicale diviso in quattro campi, del quale non è possibile vedere la raffigurazione, su cui appare applicato un altro stemma, leggermente più piccolo e a due bande trasversali.
Dal punto di vista stilistico, gli studiosi hanno osservato che il pastorale appare eseguito secondo il modello antico, cioè senza la raffigurazione dell’”Agnello” tipica dall’epoca borromaica in poi; inoltre, è stata anche ipotizzata la provenienza delle sue placchette di smalto dalla coperta di evangeliario detta di Ariberto, eseguita fra 1018 e 1026 su commissione del già citato arcivescovo vissuto nell’XI secolo e sempre appartenente al Tesoro del Duomo.
Studi recenti hanno escluso questa possibilità, sottolineando la diversità di materiale e tecnica delle placchette del pastorale rispetto a quelle dell’esemplare aribertiano: a tale proposito, è stata considerata anche la tendenza degli orafi milanesi tra Cinquecento e Seicento a imitare motivi decorativi tipici del Medioevo, come quelli a fitta punteggiatura che contraddistinguono il pastorale (tecnica “pointillé”).
Pienamente seicenteschi risultano invece il motivo a cartella cuoriforme posto nel riccio, la forma ovale di quest’ultimo e i fogliami e i motivi applicati lungo i suoi bordi.