L’antello, databile fra gli anni Quaranta e Cinquanta del Cinquecento, appartiene alla vetrata del “Nuovo Testamento”, decorante uno dei grandi finestroni dell’abside del Duomo (quello verso l’Arcivescovado).
Avviata nel 1417 e terminata alla metà del Cinquecento, la vetrata narra episodi della storia di Gesù di Nazareth prima e dopo la sua Resurrezione.
In particolare, l’antello di cui sopra è stato rimosso dalla Cattedrale per ragioni conservative, e negli anni Cinquanta è entrato a far parte della collezione del Museo, dove si trova tuttora nella sala dedicata all’arte vetraria del Duomo (n. 9).
Esso rappresenta la “Deposizione dalla croce”: in primo piano si trova Giuseppe d’Arimatea, vestito di rosso e di spalle su una scala, nell’atto di rimuovere Cristo dallo strumento di tortura. Egli è aiutato, sul lato destro della scena, da Nicodemo, intento a sostenere il corpo esanime con delle bende insanguinate.
Accanto a lui è parzialmente visibile un altro personaggio che assiste alla “Deposizione”, mentre sulla sinistra si trovano la Vergine, riconoscibile dal manto blu e dal velo bianco, e altri due astanti.
Davanti alla croce e nascosta in gran parte dalla scala è inoltre collocata la Maddalena dolente, vestita di viola e con le braccia rivolte verso l’alto.
Da notare, infine, il dettaglio della corona di spine infilata all’estremità destra del braccio orizzontale della croce.
L’antello si presenta in alcuni punti rimpiazzato con tessere spesso antiche: per esempio, a destra del volto di Maria si scorge l’inserto di una testa non perfettamente congrua con il resto.
Un recente restauro è intervenuto in particolare sul foro in corrispondenza della nuca e dei capelli di Cristo, ricostruendo una tessera che completasse il disegno dell’insieme.
Gli studi più recenti attribuiscono l’esecuzione dell’antello a Corrado de Mochis da Colonia, uno dei principali vetrai cinquecenteschi attivi per il Duomo. Inizialmente collaboratore dei pittori Biagio e Giuseppe Arcimboldi, dei quali traspone in vetro i cartoni per le vetrate di “Santa Caterina d’Alessandria” e dell'”Antico Testamento” (1549-1555), dopo il trasferimento di Giuseppe presso la corte dell’imperatore Ferdinando I (1562), de Mochis assume maggiore autonomia: suoi sono infatti, per esempio, cartoni e pannelli della vetrata di “Santa Caterina da Siena”, dove la raffinatezza da mondo fantastico di Arcimboldi lascia il posto a un’attenzione realistica di tono più popolare.
Tali caratteristiche, riscontrate anche nell’antello con la “Deposizione”, hanno indotto gli studiosi a ipotizzare che il maestro tedesco individuato come autore dei relativi cartoni possa essere sempre Corrado de Mochis.
Quest’ultimo appare fortemente influenzato, nella composizione della scena, dall’incisione di stesso soggetto appartenente al celebre ciclo della “Piccola Passione” di Albrecht Dürer, pubblicato dall’artista nel 1511.