Raffigurante il “Martirio di santa Tecla” e databile al 1754, il modello in terracotta fu eseguito come prova per la pala marmorea (1754-1757) posta sull’altare dedicato alla santa nel transetto sinistro del Duomo.
Oggi custodita nei depositi della Veneranda Fabbrica, l’opera rappresenta appunto il martirio di santa Tecla, discepola di san Paolo alla quale fu dedicata, in età paleocristiana, la basilica estiva antecedente alla Cattedrale.
Nel modello, di forma rettangolare, la scena è ambientata in un anfiteatro: al centro si trova Tecla, in posa contemplativa e circondata da fiere. Alle sue spalle, sopra una balaustrata compresa fra due pilastri, si affacciano vari personaggi che assistono, in pose diversificate. Il parapetto risulta decorato da rilievi con divinità o allegorie femminili, mentre sul pilastro di destra si trova la statua di una divinità pagana.
La composizione è completata in alto da una gloria di angeli fra le nuvole: se due di essi, a sinistra, reggono la corona del martirio, a destra un altro tiene in mano il ramo di palma.
Grazie ai documenti d’archivio il modello è stato attribuito dagli studiosi a Carlo Beretta, scultore attivo per il Duomo dal 1716 al 1761 e riconosciuto come il più aggiornato fra quelli operanti in Cattedrale durante il secolo. Artista molto prolifico, con la “Carità” destinata all’abside (1729) egli portò a maturazione il suo linguaggio, legato all’esteriore classicismo e all’aggraziata malinconia della tradizione lombardo-romana, facente capo a Ercole Ferrata e mediata attraverso la visione dinamica e serena di Carlo Francesco Mellone.
La versione marmorea del “Martirio di santa Tecla”, collocata in Duomo sul relativo altare, andò a sostituire un dipinto di stesso soggetto eseguito da Aurelio Luini (1592). In realtà, prima della commissione a Beretta, la Fabbrica aveva già fatto scolpire un modello a Dionigi Bussola, rimasto incompiuto: a tale proposito, grazie al supporto delle fonti, la critica ha potuto appurare che Beretta si ispirò in larga parte alla composizione del collega.
Una variante di rilievo riguarda la figura di santa Tecla, che l’artista avrebbe ripreso dalla pala in marmo con la “Lapidazione di sant’Emerenziana” scolpita da Ercole Ferrata per la chiesa romana di Sant’Agnese in Agone; opera plausibilmente vista da Beretta durante il suo soggiorno del 1726.