Scultura

Abramo

di Luvoni Cristoforo (Seregno, documentato a Milano dal 1450 al 1481)

Cronologia: Settimo decennio del XV secolo

Misure cm: 94 × 36 × 25

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a tuttotondo

N. Inventario: ST85

Raffigurante “Abramo”, la scultura in marmo di Candoglia è databile al settimo decennio del Quattrocento. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.

Abramo, primo dei patriarchi del popolo ebreo, è rappresentato come un uomo anziano con una folta chioma e morbidi baffi e barba.

Il volto è caratterizzato dalla fronte segnata da rughe e dallo sguardo fiero. Il patriarca regge con la mano destra il cartiglio recante l’iscrizione “Abram” in caratteri capitali, mentre la sinistra all’altezza dei fianchi tiene ferma una parte del manto: quest’ultimo risulta contraddistinto da pieghe acute e fitte.

Lo svolazzante cartiglio, inoltre, sembra formare un cannocchiale nell’estremità destra.

Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi attribuiscono l'”Abramo” a Cristoforo Luvoni, scultore attivo per i principali cantieri milanesi caratterizzato da un linguaggio plasmato ancora su quello di Jacopino da Tradate, fino a ben oltre la metà del secolo. Operativo presso il Duomo dal 1401 al 1425, Jacopino ottenne il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.

Tornando all'”Abramo” di Luvoni, il suo volto ricalca quello del “Battista” del monumento Birago, firmato da Luvoni in San Marco a Milano nel 1455; le spalle spioventi e le mani dalle dita cilindriche dell'”Adamo” si ritrovano invece nell’”Arcangelo” dell’”Annunciazione” dell’Ospedale Maggiore, altra opera sicura di Luvoni.

Rispetto al “Giona” (1450-1455) e all'”Evangelista” (1455 circa), statuette di capitello di pilone del medesimo artista anch’esse esposte in Museo, l'”Abramo” si discosta per il panneggio più trattenuto: tale soluzione formale porta a una cronologia più avanzata rispetto alle altre due opere, confermata anche dai caratteri capitali dell’iscrizione.