La maestosa “Aquila coronata” in marmo di Candoglia, probabilmente eseguita da uno scultore lombardo agli inizi del Quattrocento, proviene dall’esterno del Duomo, nello specifico dalla sommità del finestrone centrale dell’abside. Rimossa da qui in seguito ai danni causati dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, l’opera è oggi esposta in Museo all’interno della sala dedicata all’epoca viscontea (n. 4).
La scultura rappresenta appunto un’aquila con le ali e le zampe aperte mancanti degli artigli, caratterizzata da dettagli decorativi nelle parti anatomiche e nel piumaggio. Sopra quest’ultimo sono riscontrabili tracce di doratura, così come il muso, pur avendo perso il becco, presenta residui di colore rosso; sul capo dell’aquila si è inoltre conservata, seppur lacunosa, una corona in rame dorato.
Corrispondente a una statua di stesso soggetto, situata in origine all’interno dello stesso finestrone e oggi anch’essa in Museo, l’aquila svettava sotto il tondo con “Dio Padre”, traducendo nell’emblema imperiale la colomba dello Spirito Santo: similmente, il “Sole di giustizia” nel rosone assume la forma della “raza”, emblema araldico della famiglia Visconti, in una sovrapposizione di simboli religiosi e signorili.
Anche se alcuni studiosi attribuiscono l’aquila a Maffiolo da Cremona, che con il pittore Isacco da Imbonate revisionò i disegni delle sculture del finestrone centrale dell’abside, ad oggi non sono stati rintracciati documenti relativi a statue realizzate dall’artista.
Dal punto di vista stilistico, nonostante fratture e corrosioni dovute all’esposizione agli agenti atmosferici, l’aquila conserva ancora una solenne imponenza araldica che attesta la rilevanza e lo splendore originari dell’opera.