Realizzato a Milano fra il settimo e l’ottavo decennio del Cinquecento, il calice di san Carlo è un prezioso manufatto liturgico in argento dorato, offerto al Tesoro del Duomo dall’arcivescovo dal quale prende il nome e oggi esposto in Museo nella sezione dedicata appunto al Tesoro (sala n. 2).
L’opera presenta un piede esagonale sagomato a imbuto, con gradino balaustrato, sul quale sono raffigurati a mezzo busto la Madonna con il Bambino, sant’Ambrogio e Cristo in pietà: tali immagini appaiono alternate a trofei con gli strumenti della Passione (croce, spugna, lancia, tre dadi, tunica; colonna, scala, staffile; martello, chiodi, tenaglia, corona di spine).
La parte superiore del piede risulta ornata da un motivo a corolla di foglie rilevate, simile a quello osservabile nel sottocoppa, nella zona alta dell’impugnatura “a vaso” e nel piccolo nodo di raccordo alla coppa.
Il calice presenta un’iconografia particolarmente cara a Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1565 al 1584 e devoto alla Passione di Cristo, nella quale s’immedesimava; inoltre, la semplificazione delle forme, il nodo a vaso ornato solo da leggere decorazioni e l’evidente agilità d’uso riflettono con chiarezza il pensiero espresso dal religioso nelle sue “Istruzioni” (1577, due volumi), risposta articolata e autorevole della Chiesa controriformata alle accuse e agli attacchi mossi dal mondo protestante in materia di edifici ecclesiastici e dei loro arredi.
Infatti, riguardo ai calici, Borromeo raccomandava l’uso di immagini sacre “che significhino i misteri della Passione”, oltre a un piede di “forma ottagonale, esagonale o comunque circolare”, con nodo “ben adorno”, privo di “sporgenze che rendano incomodo lo stringere il calice con la mano”.
Per quanto concerne il versante stilistico, gli studiosi hanno individuato una somiglianza fra il piede del calice “di San Carlo” e quello dell’ostensorio detto “ambrosiano” (1579), anch’esso appartenente al Tesoro del Duomo e oggi custodito presso il Museo della Cattedrale.
Inoltre, il motivo del tralcio vegetale appiattito con pampini e grappoli d’uva stilizzati, osservabile sul gradino del calice, richiama quello caratterizzante la croce argentea del Bargello di Firenze (1591 circa), assegnata a maestro lombardo e collegabile a un esemplare sempre in argento del Duomo (1565 circa), forse eseguita dalla bottega dei Da Como.