Il rilievo in marmo di Candoglia, la cui datazione ipotetica oscilla fra 1530 e 1540, raffigura “Ercole e Cerbero”, ed è oggi custodito presso i depositi della Veneranda Fabbrica.
Forse in origine posta a decorazione di un altare del Duomo, l’opera rappresenta l’undicesimo episodio delle fatiche di Ercole, quando l’eroe cattura Cerbero, il mostruoso cane a tre teste, davanti alla porta dell’Ade: questi, raffigurato con corpo umano e coda ferina, sta di fronte alla caverna degli Inferi, dalla quale escono fuoco e serpenti.
Sul piano stilistico gli studiosi hanno evidenziato la solidità dei nudi a tutto tondo, i piccoli ricci della barba di Ercole, il modo in cui i particolari (la pelle di leone indossata dall’eroe, i serpenti, la coda di Cerbero) sono trasformati in eleganti arabeschi e l’astratta lavorazione dello sfondo: elementi che portano ad attribuire l’opera a un ignoto artista ispirato dalla produzione profana di Cristoforo Solari.
Quest’ultimo, scultore e architetto originario dell’odierno Canton Ticino, grazie alla sua produzione spesso di alto livello tecnico-esecutivo contribuì in maniera determinante a traghettare la scultura e l’architettura lombarde, ancora legate all’arretrata tradizione locale, verso il classicismo già in auge in altre città d’Italia come Venezia, Mantova e Roma.
Tale era la sua fama anche al di fuori della Lombardia che Giorgio Vasari, autore delle celebri “Vite dei più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri” (1550), narrava di come Michelangelo avesse firmato la sua “Pietà” vaticana (1498 circa) per scongiurare il rischio che l’opera venisse riferita al collega.
Già attivo alla Certosa di Pavia, nel 1501 Solari approda con l’incarico di scultore al cantiere del Duomo, per il quale lavora fino al 1524 realizzando diverse statue: fra esse si ricordano L'”Adamo” (1502-1503), la “Sant’Elena” e il “Lazzaro”, risalenti al secondo decennio del Cinquecento. Tutte e tre le opere sono oggi esposte nella sala del Museo dedicata al classicismo lombardo (n. 8).