Scultura

Evangelista

di Luvoni Cristoforo (Seregno, documentato a Milano dal 1450 al 1481)

Cronologia: 1455 circa

Misure cm: 91 × 35 × 27

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a tuttotondo

N. Inventario: ST91

Raffigurante un “Evangelista”, la scultura in marmo di Candoglia è databile al 1455 circa. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.

L'”Evangelista”, probabilmente Matteo o Giovanni, è rappresentato come un giovane imberbe e dalla folta capigliatura, abbigliato con una tunica ricoperta da un ampio manto: esso forma larghi risvolti sulle spalle e abbondanti ed eleganti pieghe, lunghe fino a terra.

Il santo, che sostiene con la mano destra il Vangelo aperto e ne indica una pagina con la sinistra, flette lievemente il ginocchio destro in opposizione al movimento orizzontale delle braccia, producendo una serie di morbide anse che si rincorrono al centro della figura.

Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi attribuiscono l'”Evangelista” a Cristoforo Luvoni, scultore attivo per i principali cantieri milanesi caratterizzato da un linguaggio plasmato ancora su quello di Jacopino da Tradate, fino a ben oltre la metà del secolo. Operativo presso il Duomo dal 1401 al 1425, Jacopino ottenne il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.

Tornando all'”Evangelista” di Luvoni, la statuetta ricorda da vicino gli imbronciati angeli cerofori del monumento funebre Birago, firmato e datato (1455) dallo scultore in San Marco a Milano: risultano infatti quasi sovrapponibili i tratti dei volti e i ricci ondulati, le mani sovradimensionate o i risvolti delle pesanti stoffe sui polsi.

Inoltre, il fare gonfio del panneggio sembrerebbe portare a una datazione vicina a quella del sepolcro Birago, magari di poco successiva al giro d’anni ipotizzato per la statuetta di “Giona” (1450-1455), sempre eseguita da Luvoni e custodita in Museo.