La statuetta in cera rossa, databile al 1595 circa, rappresenta una “Figura acefala panneggiata”, forse in origine un “Santo vescovo”. L’opera è oggi esposta in Museo nella sala n. 15, che custodisce in larga parte le prove d’ingresso scultoree presentate tra la fine del Seicento e il Settecento dagli artisti per essere ammessi alle dipendenze della Veneranda Fabbrica.
La piccola scultura rappresenta appunto una rappresenta una figura acefala, dal cui collo spunta l’armatura metallica interna.
Abbigliato con una tunica e un manto dagli ampi panneggi, il soggetto è stante su un alto basamento cilindrico in legno.
Gli studiosi hanno ipotizzato che l’opera possa essere attribuita allo scultore Francesco Brambilla, dal 1572 prolifico esecutore dei progetti plastici elaborati dall’architetto del Duomo, Pellegrino Tibaldi. Quest’ultimo fu il principale interprete della riforma teorizzata dal cardinale Carlo Borromeo dopo il Concilio di Trento (1545-63), che prevedeva la nuova sistemazione di tutta l’area presbiteriale del Duomo.
Nello specifico la “Figura acefala panneggiata” potrebbe rientrare nel gruppo dei modelli per le statue degli altari minori realizzati da Brambilla nel biennio 1595-1595: l’opera, infatti, presenta molte affinità con il “Sant’Ignazio vescovo” marmoreo scolpito nel 1596 da Michele Prestinari per l’altare del Sacro Cuore, situato nella navata esterna destra. In particolare, nella scultura compare lo stesso motivo delle pieghe della veste della “Figura acefala panneggiata”, che all’altezza del petto si adagiano al di sopra del lembo trasversale del manto.