L’opera, raffigurante “Giaele e Sisara” ed esposta in Museo presso la sala dedicata all’età borromaica (n. 10), appartiene al ciclo dei cinque modelli in terracotta per i rilievi marmorei con soggetti dell’Antico Testamento situati sulle sovrapporte del Duomo.
Essi furono elaborati a partire da dipinti preparatori di Giovanni Battista Crespi detto il Cerano (1628-1629), anch’essi in Museo, e commissionati dalla Veneranda Fabbrica agli scultori Gaspare Vismara, Giovanni Andrea Biffi e Giovan Pietro Lasagna.
Come le tempere su tela del Cerano, sensibile interprete artistico del clima della Controriforma e già autore, per il Duomo, di alcuni dei celebri quadroni con i “Fatti” (1602-1603) e i “Miracoli” (1610) della vita di san Carlo Borromeo, anche i modelli in terracotta sono dedicati a personaggi femminili della Bibbia ritenuti prefigurazioni della Vergine Maria, alla quale la Cattedrale è dedicata: Eva, madre del genere umano, e le quattro eroine che secondo le Scritture hanno avuto un ruolo determinante nel cammino del popolo di Israele verso la salvezza (la regina di Saba, Giuditta, Giaele ed Ester).
Il modello rettangolare con “Giaele e Sisara”, eseguito da Giovan Pietro Lasagna nel 1629, rappresenta il momento in cui Giaele, giovane donna appartenente al gruppo nomade dei Qeniti, sta per uccidere il comandante cananeo Sisara, in lotta con gli Israeliti, conficcandogli un picchetto nella tempia mentre è addormentato nella sua tenda.
Giaele, al centro della scena, è inginocchiata con il viso rivolto indietro, con il corpo ritratto in una torsione speculare a quella di Eva nel modello della “Creazione” di Gaspare Vismara (1629): l’eroina reca un martello nella mano destra e il picchetto nella sinistra, poggiato sulla tempia destra dell’oppressore.
Quest’ultimo, in abiti militari, dorme sdraiato a terra, con il capo poggiato sulla mano sinistra e la spada stretta a sé con la destra.
Lo sfondo è occupato a sinistra da un’ancella che scosta la tenda e a destra da un tavolo con vari trofei di guerra (coppe, un elmo, uno scudo).
Il modello denota un’esecuzione molto accurata, anche riguardo alla fedeltà al dipinto preparatorio di Cerano, ugualmente custodito presso il Museo del Duomo: l’autore, infatti, ne deduce con precisione ogni dettaglio, anche se nella resa dei volti e soprattutto delle capigliature non riesce a restituire la stessa fluidità e leggerezza.
Da rilevare, inoltre, è anche l’attenzione alla finitezza e levigatezza degli incarnati, riscontrabile anche nella versione in marmo per la seconda sovrapporta verso nord del Duomo, terminata da Lasagna nel 1640.