Dipinti

Giuditta e Oloferne

di Crespi Giovan Battista, detto il Cerano (Romagnano Sesia, 1573 - Milano, 1632)

Cronologia: 1628-1629

Misure cm: 109 × 185

Materia e Tecnica: Tempera su tela

N. Inventario: D7

L’opera, raffigurante “Giuditta e Oloferne” ed esposta in Museo presso la sala dedicata all’età borromaica (n. 10), appartiene al ciclo dei cinque dipinti preparatori eseguiti fra 1628 e 1629 da Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano, per i rilievi marmorei con soggetti dell’Antico Testamento collocati sulle sovrapporte del Duomo.

Per il Cerano, sensibile interprete artistico del clima della Controriforma, l’incarico giungeva dopo la realizzazione di alcuni dei celebri quadroni con i “Fatti” (1602-1603) e i “Miracoli” (1610) della vita di san Carlo Borromeo, commissionati dalla Veneranda Fabbrica e contraddistinti da uno stile in grado di combinare il gusto tardo manierista per i contrasti più accentuati con un concreto senso della realtà quotidiana tipicamente lombardo.

I cinque dipinti preparatori per i rilievi delle sovrapporte, monocromi ed eseguiti a tempera su tela, sono dedicati a personaggi femminili della Bibbia ritenuti prefigurazioni della Vergine Maria, alla quale il Duomo è dedicato: Eva, madre del genere umano, e le quattro eroine che secondo le Scritture hanno avuto un ruolo determinante nel cammino del popolo di Israele verso la salvezza (la regina di Saba, Giuditta, Giaele ed Ester).

Il quadro rettangolare con “Giuditta e Oloferne”, nello specifico, rappresenta il momento in cui Giuditta, giovane vedova di origine ebraica, sta per decapitare il generale assiro Oloferne mentre egli è addormentato nella sua tenda.

La composizione, speculare a quella presente nel monocromo con “Giaele e Sisara”, è incentrata sulla figura di Giuditta, seduta al centro della scena sul corpo di Oloferne con la spada nella mano destra e l’altra a fermare il braccio sinistro dell’oppressore.

Dietro Giuditta si trova l’anziana schiava Abra, intenta a osservare la scena mentre sposta un lembo del lenzuolo che copre Oloferne; sullo sfondo dell’episodio, ambientato in una tenda, campeggiano elementi di un’armatura (a sinistra) e un’anfora (a destra), descritti con grande raffinatezza di tocco.

Firmato dall’autore proprio sull’anfora alle spalle di Abra, il dipinto servì da riferimento allo scultore Gaspare Vismara (o forse al suo collega Gerolamo Prevosto) per la realizzazione del modello in terracotta (1639) e poi del rilievo marmoreo destinato alla seconda sovrapporta a sud del Duomo, eseguito da Vismara. Come la tela originaria, anche il modello è oggi esposto in Museo.