L’opera, oggi esposta presso il Museo nella sala dedicata ai modelli architettonici lignei commissionati nei secoli dalla Veneranda Fabbrica (n. 19), rappresenta la semi facciata sinistra del Duomo, in scala 1:22, secondo l’irrealizzato progetto dell’architetto Francesco Castelli (1648).
Alla metà del Seicento, infatti, la facciata del Duomo coincideva ancora in gran parte con quella dell’antica Cattedrale di Santa Maria Maggiore, e gli architetti dell’epoca discutevano su quale stile adottare per il suo rinnovamento: se Francesco Maria Richini proponeva una facciata di gusto classicheggiante, sulla scia del progetto cinquecentesco di Pellegrino Tibaldi, Carlo Buzzi sosteneva una ripresa delle forme gotiche impiegate per il Duomo fin dalle origini.
L’idea di Francesco Castelli, architetto svizzero che nella seconda metà del XVII secolo operò presso i cantieri di varie chiese milanesi, prevedeva invece un’originale sintesi delle due correnti, sviluppata in vari disegni e concretizzata nel modello in legno di tiglio del 1652 oggi esposto in Museo: la semi facciata, infatti, presenta nella parte inferiore un alto portico, suddiviso in arcate ogive sostenute da colonne tortili con capitelli a edicola. Al di sopra, preceduto una balconata con parapetto, si staglia un fastigio mistilineo di sapore barocco, decorato sulla sommità da elementi tipicamente gotici quali guglie, falconi, gattoni e piramidine.
La proposta di Castelli suscitò reazioni contrastanti da parte di architetti e studiosi di tutta Italia: i maestri Gian Lorenzo Bernini e Baldassarre Longhena, per esempio, dimostrarono di apprezzarla molto, mentre i colleghi Richini e Buzzi si opposero con svariate critiche. Al netto di questo vivace dibattito, la facciata del Duomo sarebbe stata completata solo all’inizio dell’Ottocento, in uno stile composito frutto dell’eclettica mescolanza di diversi progetti.