Il suggestivo “Profeta” in marmo di Candoglia, eseguito da un ignoto scultore agli inizi del Quattrocento, proviene dall’esterno del Duomo, nello specifico dal lato sinistro del finestrone centrale dell’abside. Rimossa da qui per problemi conservativi e sostituita da una copia, l’opera è oggi esposta in Museo all’interno della sala dedicata all’epoca viscontea (n. 4).
La scultura rappresenta appunto un anziano e barbuto profeta appoggiato con il fianco e la gamba sinistra alla ghiera di un arco, mentre il piede destro toccava una mensola rimasta sul Duomo. La mano sinistra tiene una tunica che lascia il busto in gran parte scoperto, e la destra reca invece un rigoglioso ramo: originariamente, quest’ultimo si estendeva lungo l’arco con ricchi e carnosi motivi fogliacei, tuttora visibili sulla Cattedrale, incontrando al vertice l’analoga decorazione proveniente da un profeta più giovane sulla destra.
Gli studiosi hanno identificato i due personaggi come “Profeti” che predicono l’incarnazione di Cristo annunciata dall’Angelo alla Vergine, raffigurati anch’essi come sculture nella zona superiore del finestrone centrale dell’abside; Gesù è invece simboleggiato nel rosone dalla “raza”, sole fiammeggiante simbolo della luce divina nonché emblema araldico della famiglia Visconti.
Dal punto di vista storico-artistico, la cultura figurativa tardogotica espressa nel “Profeta” del Museo del Duomo trova un’indubbia corrispondenza nel naturalismo biblico, traducendo la sua ricchezza simbolica in un morbido decorativismo che accompagna le forme architettoniche. Proprio in virtù di queste caratteristiche, gli studiosi ipotizzano che l’opera possa essere riconducibile a uno scultore lombardo suggestionato dai modi francesi, ma dedito appunto a un’attenzione alla natura che s’impone soprattutto nelle rigogliose efflorescenze vegetali rimaste a decorare l’arco del finestrone.