Raffigurante forse il “Redentore”, la scultura in marmo di Candoglia è databile tra il 1475 e il 1480 circa. Proveniente dal Duomo, si trova oggi esposta nella sala del Museo dedicata all’età sforzesca (n. 7).
L’opera rappresenta un uomo con gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta; il volto, leggermente inclinato all’indietro, è incorniciato da lunghi capelli mossi suddivisi in due bande e caratterizzato da una corta barba a punta.
La figura ha il braccio destro disteso lungo il fianco e la mano corrispondente con il palmo rivolto verso l’alto, mentre il braccio sinistro risulta piegato e mancante della mano.
Il personaggio indossa una tunica dalle pieghe increspate e un manto appoggiato sulla spalla sinistra, che scende in diagonale verso la destra della statua e lascia scoperto uno dei piedi.
Già nelle testimonianze ottocentesche la statua è identificata come “Redentore”, soggetto in realtà non del tutto accertabile sia per la mancanza della mano sollevata, che non è escluso potesse reggere un oggetto, sia per il gesto di quella ribassata.
Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi hanno attribuito il “Redentore (?)” all’ancora ignoto “Maestro del san Paolo eremita”. Quest’ultimo, che prende appunto il nome dalla sua scultura più celebre, anch’essa esposta in Museo e risalente al 1470 circa, sarebbe identificabile in un artefice lombardo profondamente influenzato da alcuni indirizzi della scultura francese di metà Quattrocento, capace di sottili virtuosismi naturalistici riscontrabili oltre che nel “Redentore (?)” anche nelle altre statue del Duomo a lui ricondotte: fra esse risaltano appunto il “San Paolo eremita” e la “Santa Lucia” (1466-1470 circa), sempre custoditi presso il Museo della Cattedrale.
Rispetto a esse, pur condividendo una forte somiglianza fisiognomica, il “Redentore (?)” si distacca sensibilmente per la stilizzazione del panneggio della tunica, che ne denuncia una cronologia più avanzata. Inoltre, la statua mostra una certa assonanza compositiva con il Cristo risorto del “Noli me tangere” affrescato sullo scorcio del Quattrocento da Bramantino in Santa Maria del Giardino a Milano, ora nelle collezioni del Castello Sforzesco.