Scultura

San Babila

di Jacopino da Tradate (notizie dal 1401 - Mantova, 1464-1466?)

Cronologia: ante 1419

Misure cm: 198 × 75 × 55

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a tuttotondo

N. Inventario: ST44

Raffigurante “San Babila”, la scultura in marmo di Candoglia databile a prima del 1419 proviene dall’esterno del Duomo, nello specifico da un contrafforte del transetto settentrionale. Da qui è stata rimossa nel 1943 dover aver subito i danni dell’esplosione di una bomba, e attualmente fa parte della collezione del Museo, esposta nella sala dedicata all’epoca viscontea (n. 4).

Il santo, vescovo di Antiochia martirizzato nel III secolo per la sua fede cristiana, è rappresentato in posizione stante e indossa un ricco piviale dalle ampie pieghe, decorato sul petto con una croce e dotato di un colletto ornato con nappine; elementi simili impreziosiscono anche la manica sinistra.

Il volto dall’espressione assorta, con gli occhi socchiusi, è segnato sulla guancia destra dall’impatto con una scheggia della bomba esplosa nel 1943, mentre il capo dalla corta capigliatura ricciuta reca un’elaborata mitra vescovile.

Entrambe le mani mancano di tre dita ciascuna, sempre a causa del bombardamento di cui sopra; in particolare, nella sinistra era originariamente inserito un pastorale in rame dorato. Altri danni provocati dall’esplosione sono le numerose lacune lungo i bordi e tra le pieghe del piviale.

Ai piedi del santo, in atteggiamenti diversificati, stanno i tre piccoli martiri Urbano, Prilidano ed Epolono, uccisi insieme a lui.

Notevole per la coerenza di concezione, in perfetto equilibrio tra accenti naturali e controllatissima stilizzazione lineare, il “San Babila” è inoltre caratterizzato da grande fluidità e al tempo stesso senso plastico nell’articolazione dei panneggi, così come da un’espressività malinconica e intensa nel volto.

Tradizionalmente assegnato dagli studiosi a Matteo Raverti, scultore attivo per il Duomo fra 1398 e 1436, ricerche recenti hanno ricondotto la paternità del “San Babila” a Jacopino da Tradate: originario della località in provincia di Varese, quest’ultimo lavorò per la Cattedrale milanese dal 1401 al 1425, ottenendo il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, Jacopino fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.

Una delle sue opere più importanti realizzate per il Duomo è la statua raffigurante papa Martino V (1424), ancora oggi custodita in Cattedrale ed eseguita in ricordo della consacrazione dell’altare maggiore da parte del pontefice.
In essa emergono sia un’interpretazione classicheggiante della pienezza lombarda, come testimonia la morbida ricchezza del panneggio, sia una forte tensione naturalistica, che indaga tanto i particolari naturalistici quanto la psicologia del soggetto rappresentato.