Raffigurante “San Celso” e databile al 1876, il modello in gesso fu realizzato come prova preparatoria per una scultura marmorea di stesso soggetto (1877), destinata a decorare il fianco meridionale del Duomo.
Il modello, oggi esposto nella sala del Museo dedicata all’Ottocento (n. 17), fu eseguito come la statua in marmo da Pietro Bernasconi: di origini ticinesi, egli si formò a Milano presso l’Accademia di Brera, dove entrò in contatto con Benedetto Cacciatori e Pompeo Marchesi. Questi ultimi, anch’essi attivi per il Duomo, lo indirizzarono verso un genere di raffinato neoclassicismo.
Conclusi gli studi, Bernasconi seguì il conterraneo e collega Vincenzo Vela a Torino, diventando il primo collaboratore del suo studio e sviluppando uno stile dai tratti più romantici e naturalistici.
La collaborazione di Bernasconi con la Cattedrale milanese, durata per oltre vent’anni, iniziò nel 1856 con la commissione di un “San Giorgio martire” per il tamburo della guglia maggiore, concludendosi proprio con il “San Celso”.
Nel modello di quest’ultima statua Bernasconi ritrae il santo, martirizzato a Milano nel 304 insieme al fratello Nazario, come un giovane uomo con il busto piegato in avanti e i polsi legati dietro la schiena.
Nudo all’infuori di un drappo riccamente panneggiato, che lo copre dalla vita in giù, il santo volge il capo ribassato verso la sua destra; la corta chioma è folta e mossa, mentre gli occhi scavati e intensi guardano l’osservatore.
La gamba destra piegata suggerisce il lento procedere dell’andatura, e i piedi poggiano su un basamento poligonale con inscritte le iniziali del santo.
Dal punto di vista stilistico, secondo gli studiosi la concezione del “San Celso” mette in risalto l’espressività del viso rivolto in avanti, tanto da richiamare il celebre “Spartaco” di Vincenzo Vela (1848-1849), simbolo della lotta di liberazione dei patrioti milanesi e lombardi sottomessi al giogo austriaco.
Inoltre, con la sua statua per il Duomo, Bernasconi offre una rivisitazione in chiave naturalista dello “Spartaco” anche nell’impeto, pur mitigato, della posa.
L’atteggiamento della figura potrebbe tuttavia essere dovuto alla sua collocazione, libera sulla parete dell’edificio e non vincolata a nicchie, pertanto aggettante e dinamica come le numerose altre statue che occupano un’analoga posizione all’esterno del Duomo.