Raffigurante “San Filippo apostolo”, la scultura in marmo di Candoglia è databile fra il terzo e il quarto decennio del Quattrocento. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.
Il santo, crocifisso in Frigia (nell’attuale Turchia asiatica) dopo aver evangelizzato la regione sotto l’imperatore Domiziano, è rappresentato come un uomo con il capo coperto da un manto che avvolge il corpo in tutta la sua lunghezza. Egli regge nella mano destra una piccola croce allungata, inclinata all’indietro e appoggiata sulla parte superiore del braccio, simbolo del martirio; nella mano sinistra reca invece un libro.
La figura flette la gamba destra, con le dita del piede che sporgono dal lungo manto. Il capo volto verso la sinistra del personaggio, il lungo collo e il torso lievemente inarcato all’indietro conferiscono dinamicità e slancio verticale.
Malgrado l’essenzialità del tratto, il viso è di notevole intensità espressiva, con cavità oculari e zigomi ben definiti, pelle liscia e tesa, il naso dritto e pronunciato, l’ampia bocca carnosa, la folta e lunga barba che, insieme alla parte superiore del mantello, incornicia il capo in uno stilizzato ovale.
La barba è ottenuta mediante una fitta scalpellatura, producendo un risultato pittoricamente molto efficace.
Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi ritengono che probabilmente l’autore del “San Filippo apostolo” appartenga alla generazione di artisti formatasi sotto la guida di Jacopino da Tradate, giunta alla maturità artistica negli anni venti del Quattrocento.
Attivo per la Cattedrale milanese dal 1401 al 1425, Jacopino ottenne il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.
Una delle sue opere più importanti realizzate per il Duomo è la statua raffigurante papa Martino V (1424), ancora oggi custodita in Cattedrale ed eseguita in ricordo della consacrazione dell’altare maggiore da parte del pontefice.
In essa emergono sia un’interpretazione classicheggiante della pienezza lombarda, come testimonia la morbida ricchezza del panneggio, sia una forte tensione naturalistica, che indaga tanto i particolari naturalistici quanto la psicologia del soggetto rappresentato.
Nel “San Filippo apostolo”, influenzato da prototipi franco-borgognoni, l’insegnamento di Jacopino non si risolve in una trita ripetizione di modelli imparati dal maestro, traducendosi invece in una cifra stilistica autonoma, caratterizzata da un sapiente equilibrio tra rigore compositivo, astrazione formale e resa pittorica dei dettagli.