Raffigurante “San Marco evangelista”, la scultura in marmo di Candoglia è databile al primo decennio del Quattrocento e proviene dal capitello di un pilone del capocroce del Duomo, dal quale è stata rimossa per la mostra “Arte lombarda dai Visconti agli Sforza” (1958, Palazzo Reale). Entrata in Museo nel 1973, si trova oggi esposta nella sala dedicata all’epoca viscontea (n. 4).
L’opera rappresenta il patrono di Venezia come un uomo barbuto, dall’espressione intensa e vibrante. La mano destra regge un lungo cartiglio con l’iscrizione “S. MARC. EVANGEL.” in eleganti caratteri gotici, mentre la sinistra ospita il simbolo del leone alato accovacciato sul libro della Scrittura.
L’aspetto severo è conferito al santo dalle marcate sopracciglia, dalla fronte aggrottata, dal naso pronunciato e dalla lunga barba bipartita.
Secondo gli studiosi il “San Marco”, con le sue sembianze austere avvolte da una massa voluminosa di stoffa e l’espressione un po’ accigliata, sarebbe da ricondurre a uno scultore di probabile estrazione tedesca, legato all’ambito di Walter Monich ma nel contempo ricettivo dello stile ampio e sinuoso del tardogotico francese, introdotto nel cantiere del Duomo sullo scorcio del Trecento a Roland de Banille. Si vedano, a tale proposito, l’andamento morbido e fluente dei panneggi e quello vaporoso delle ciocche dei capelli, all’interno di una concezione monumentale della figura.
Queste caratteristiche sono riscontrabili anche nel “San Luca” esposto negli stessi ambienti del Museo, così come in alcuni “Profeti” custoditi presso la sala dedicata alle statuette dei capitelli dei piloni (n. 6): opere che sarebbero state dunque concepite da un unico autore.