Il modello in gesso, oggi custodito nel deposito del Museo, raffigura “San Martino vescovo” (IV secolo): nato da una famiglia pagana di ufficiali dell’esercito romano, si arruolò a sua volta nella cavalleria imperiale, prestando servizio in Gallia. A questo periodo risale il celebre episodio del taglio del mantello, una cui metà fu donata a un mendicante preda delle intemperie.
Lasciato l’esercito, nel 371 Martino fu ordinato vescovo di Tours, nell’attuale Francia, profondendo il suo impegno nella cristianizzazione delle campagne.
Il modello del Museo del Duomo rappresenta san Martino vescovo come un uomo maturo con barba e capelli lunghi, dallo sguardo assorto rivolto verso il basso.
Abbigliato con tunica e piviale decorato da croci, il personaggio poggia la mano sinistra sul petto, mentre con la destra, che presenta alcune lacune, compie un gesto benedicente.
Le lunghe vesti scendono a coprire quasi del tutto i piedi, che poggiano su un basamento poligonale con inscritto il nome del santo. Il retro del basamento ospita un elmo, parzialmente visibile sul davanti a destra dell’osservatore.
Eseguita nel 1861 come modello per una versione marmorea destinata a un finestrone del braccio di croce meridionale del Duomo, l’opera è stata ricondotta dagli studiosi ad Angelo Biella: milanese, dopo la formazione presso l’Accademia di Brera con Benedetto Cacciatori egli si affermò come scultore elegante, impegnato a ricercare nelle sue sculture soprattutto la purezza della linea.
Oltre all’attività per il Duomo, avviata nel 1855, Biella lavorò anche per le Regie Ferrovie, che nel 1865 gli commissionarono cinque medaglioni ovali e un gruppo marmoreo per il vestibolo del padiglione reale presso l’allora Stazione Centrale di Milano, oggi non più esistente.
Oltre al “San Martino vescovo”, Biella eseguì altre opere per la Cattedrale: tra essa spicca il “San Ferdinando” (1860), realizzato per un finestrone del fianco meridionale. Il relativo modello può essere ammirato in Museo nella sala dedicata all’Ottocento (n. 17).