Scultura

San Pietro apostolo

di Scultore ignoto

Cronologia: Metà del XIV secolo

Misure cm: 175 × 52 × 31

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a tuttotondo

N. Inventario: ST126

Raffigurante “San Pietro apostolo”, la scultura in marmo di Candoglia databile alla metà del Trecento proviene dall’arcone ovest del tiburio del Duomo, da cui è stata rimossa nel 1966 per entrare in Museo due anni più tardi.

Attualmente esposta presso la sala n. 6, dedicata alle statuette dei capitelli dei piloni, l’opera rappresenta appunto san Pietro, portavoce nonché capo riconosciuto degli apostoli e primo vescovo di Roma, a cui Gesù affida le chiavi del regno dei cieli.

Il santo appare come un uomo maturo con la testa leggermente inclinata e il viso allungato ed emaciato. L’alta fronte corrugata è solcata da profonde rughe che convergono nella linea del naso; anche gli occhi, scavati e malinconici, sono segnati negli angoli da sottili rughette.

Lunghi baffi spioventi si congiungono alla barba ben curata, dove ogni ciocca, modulata da linee sinuose che terminano in riccioli a chiocciola, è scavata e separata dalle altre attraverso piccoli fori eseguiti con il trapano. Anche la chioma tonsurata, come la barba, è scandita da linee incise e piccoli fori consecutivi, realizzati tramite il medesimo strumento.

Il santo indossa una lunga tunica che termina ricoprendo la base poligonale della statua con cospicui ripiegamenti, lasciando scoperte solo le dita del piede destro. Un abbondante manto, animato da numerose increspature arcuate, ricopre la figura aprendosi solo sul collo; completamente avvolta in esso risulta anche la mano destra, con la quale il santo stringe due chiavi caratterizzate da impugnatura tonda e modanature tortili incise all’inizio dell’asta.

Anche il libro trattenuto con la mano sinistra è accuratamente dettagliato, descritto con minuzia nel laccio di legatura che lo serra e negli umboni della coperta.

Dal punto di vista stilistico, in passato gli studiosi hanno ricondotto la scultura ai fratelli Iacobello e Pierpaolo Dalle Masegne, attivi a Venezia e formatisi sulle opere di Andrea e Nino Pisano e sulla scultura gotica d’oltralpe. Fra le opere eseguite insieme si ricordano un altare in San Francesco a Bologna (1388-92), l’iconostasi in San Marco a Venezia (1392-94) e alcuni frammenti della tomba di Giovanni da Legnano nel Museo Civico di Bologna (post 1383).

Per quanto riguarda il Duomo, studi più recenti hanno permesso di stabilire che con ogni probabilità i Dalle Masegne vi lavorarono più in veste di architetti che di scultori, rimettendo quindi in discussione la paternità del “San Pietro apostolo”. Quest’ultimo, inoltre, si distingue come un vero e proprio “corpo estraneo” tra le statue rinascimentali del tiburio, non trovando in realtà termini di confronto con tutta la statuaria del Duomo. Pertanto, è stato ipotizzato che l’opera appartenesse all’apparato decorativo di Santa Tecla o Santa Maria Maggiore, le due antiche basiliche esistenti prima della Cattedrale odierna.

Il “San Pietro apostolo”, la cui grave spigolosità si discosta molto dai fluenti ritmi gotici delle sculture eseguite dai Dalle Masegne, sarebbe quindi attribuibile a un per ora anonimo scultore attivo a Milano alla metà del Trecento.