Raffigurante “Santa Lucia”, la scultura in marmo di Candoglia è databile fra il sesto e il settimo decennio del Quattrocento. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.
La santa siracusana, accecata e uccisa nel IV secolo per difendere la sua fede in Dio, è rappresentata come una giovane donna, abbigliata con una veste aderente fissata da una cinta appena sotto il seno e con un manto chiuso da un fermaglio che le copre capo, braccia e spalle.
La figura regge nella mano sinistra un piatto contenente i suoi occhi e nella destra un ramo di palma, emblemi del martirio.
Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi attribuiscono la statuetta a un tardo seguace di Jacopino da Tradate: originario della località in provincia di Varese, quest’ultimo lavorò per la Cattedrale milanese dal 1401 al 1425, ottenendo il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, Jacopino fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.
Una delle sue opere più importanti realizzate per il Duomo è la statua raffigurante papa Martino V (1424), ancora oggi custodita in Cattedrale ed eseguita in ricordo della consacrazione dell’altare maggiore da parte del pontefice.
In essa emergono sia un’interpretazione classicheggiante della pienezza lombarda, come testimonia la morbida ricchezza del panneggio, sia una forte tensione naturalistica, che indaga tanto i particolari naturalistici quanto la psicologia del soggetto rappresentato.