Scultura

Santa Valeria

di Luvoni Cristoforo (Seregno, documentato a Milano dal 1450 al 1481)

Cronologia: Sesto-settimo decennio del XV secolo

Misure cm: 88 × 33 × 25

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a tuttotondo

N. Inventario: ST125

Raffigurante “Santa Valeria”, la scultura in marmo di Candoglia è databile fra il sesto e il settimo decennio del Quattrocento. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.

Santa Valeria, martire vissuta fra il II e il III secolo, è qui rappresentata con in braccio i figli Gervasio e Protasio, a loro volta uccisi da adulti per la loro fede in Dio e attualmente sepolti nella cripta di Sant’Ambrogio a Milano.

La santa ha il viso arrotondato, dall’ampia fronte senza sopracciglia, segnato da due piccoli occhietti dal taglio allungato, naso pronunciato e bocca minuta; il suo capo è coperto da un ampio manto che lascia intravedere solo qualche capello ondulato e che, scendendo sul retro, ricade sino alla base, mentre sul davanti, in parte raccolto sulle braccia, si ferma a livello del ginocchio destro, calando obliquamente verso il basso sulla sinistra.

Sotto il manto la martire indossa una lunga veste, di cui si intravede lo scollo profilato da un bordo, mentre la parte inferiore, ricadendo sulla base in abbondanti ripiegamenti a S, lascia scorgere solo la punta calzata del piede destro.

I due figli, nudi e dai corpi spiccatamente nerboruti, presentano teste arrotondate, guance paffute e gli stessi tratti somatici della madre; le loro capigliature sono risolte attraverso piccoli riccioli a chiocciola, e il bimbo di sinistra appoggia la mano destra sulla spalla sinistra del fratello.

Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi attribuiscono la “Santa Valeria” a Cristoforo Luvoni, scultore attivo per i principali cantieri milanesi caratterizzato da un linguaggio plasmato ancora su quello di Jacopino da Tradate, fino a ben oltre la metà del secolo. Operativo presso il Duomo dal 1401 al 1425, Jacopino ottenne il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.

Tornando alla “Santa Valeria”, la statuetta mostra forti affinità con varie altre opere milanesi di Luvoni: per esempio la “Madonna con Bambino” della tomba Birago, firmata e data (1455) dall’artista in San Marco, che presenta nel volto gli stessi tratti somatici della “Santa Valeria”. Inoltre, il Bambino è quasi sovrapponibile a Gervasio e Protasio, non solo nei riccioli dei capelli, negli occhi allungati e nelle guance paffute, ma anche e soprattutto nei corpi ugualmente nerboruti.

Simili sono poi i panneggi, soprattutto nel modo di ripiegarsi dei lembi della stoffa alle estremità. Ben confrontabili sono anche le statue dell’”Annunciazione” realizzate per uno dei quattro portali della Ca’ Granda (1465), specialmente la figura dell’”Arcangelo”, che ripete nel viso esattamente gli stilemi già visti e descritti.

Infine può essere chiamata in causa anche una lastra, oggi di ubicazione ignota, ma un tempo posta in via Molino delle Armi, assegnata a Luvoni su base stilistica e raffigurante la “Madonna con Bambino e san Giovanni Battista che presenta un nobile committente”: è ancora nelle figure della Madonna e del Bambino che si possono condurre precisi e puntuali parallelismi con la “Santa Valeria”.