Il modello in gesso è oggi esposto in Museo nella sala intitolata alla Galleria di Camposanto (n. 14), luogo nel quale dal Seicento in poi la Veneranda Fabbrica ha custodito i gessi e le terrecotte preparatori delle statue elaborate per il Duomo.
Datata 1858, l’opera raffigura “Santa Zita” (1218 – 1278): originaria di Lucca, lavorò a lungo come domestica presso un’importante famiglia della città. Secondo una leggenda, temendo di essere redarguita per le sue attenzioni verso i più bisognosi, affermò che i pani avanzati messi da parte per loro, raccolti nel suo grembiule, erano in realtà fiori; invitata a mostrare il contenuto, si accorse che un miracolo aveva effettivamente trasformato i pani in fiori.
Il modello del Duomo rappresenta santa Zita come una giovane dallo sguardo sereno, rivolto leggermente verso la sua destra.
Indossante una cuffia sul capo, la figura è abbigliata con una veste dalle lunghe maniche e un grembiule colmo di fiori tenuto con entrambe le mani.
Il lungo abito scende a coprire parzialmente i piedi, che poggiano su un basamento poligonale con inscritto il nome della santa.
Eseguita come modello per una versione marmorea destinata a una finestra del tiburio della Cattedrale, l’opera è stata ricondotta dagli studiosi a Giovanni Pandiani: milanese, egli si formò all’Accademia di Brera con Pompeo Marchesi, maestro del neoclassicismo lombardo dalle cui opere l’allievo avrebbe tratto ispirazione per la maggior parte della sua produzione artistica.
Attivo per il Duomo dal 1858 al 1867, fra le sue sculture più note spicca quella raffigurante “Sant’Agata” (1867), collocata presso uno dei finestroni del braccio di croce meridionale. Il relativo modello in gesso, risalente al 1866, può essere ammirato in Museo nella sala dedicata all’Ottocento (n. 17).