Il modello in gesso è oggi esposto in Museo nella sala della Galleria di Camposanto (n. 14), luogo nel quale dal Seicento in poi la Veneranda Fabbrica ha custodito i gessi e le terrecotte preparatori delle statue elaborate per il Duomo.
L’opera rappresenta un “Santo” come un giovane dalla folta chioma ricciuta, con il viso dall’espressione assorta rivolto verso la sua sinistra.
Stante su un basamento poligonale, la figura è abbigliata con un drappo che lascia scoperta la maggior parte del corpo; la mano sinistra poggia sulla parte superiore di uno scudo, mentre la destra probabilmente recava in origine un oggetto (forse la palma del martirio).
L’opera fu eseguita nella prima metà dell’Ottocento come modello per una versione marmorea di maggiori dimensioni, destinata alla cima di una guglia della Cattedrale. Secondo gli studiosi essa potrebbe essere stata realizzata da Grazioso Rusca o da suo nipote Antonio: se quest’ultimo lavorò per il Duomo tra il 1808 e il 1821, Grazioso era stato accolto fra gli artisti della Fabbrica in qualità di scultore “stabilmente ammesso” nel 1785.
Risalgono a questo periodo le sue prime opere per la Cattedrale, ossia i bassorilievi destinati alla seconda fascia basamentale di facciata, per la quale nel 1786 era stata iniziata la serie di rilievi ispirata a soggetti dell’Antico Testamento (“Mosè salvato dalle acque”, “Elia che resuscita il figlio della vedova di Sarepta”, “Davide e Golia”, “Fuga di Loth da Sodoma”).
Al 1795 data invece il primo dei tre “Telamoni” eseguiti per la facciata, accomunati da un linguaggio artistico più misurato rispetto a quello delle opere di stesso soggetto realizzate per il Duomo fra Seicento e Settecento.
In particolare, nella definizione di particolari secondari come le capigliature, lo scultore tende a una descrizione decisamente più classicista, evidente anche nei panneggi meno rigonfi che aderiscono alle membra rilevate.
Nominato protostatuario, cioè scultore capo della Fabbrica, nel 1805, Rusca fu attivo per il Duomo fino alla morte, firmando statue di profeti per la facciata e di santi per le guglie: figure energiche influenzate dal manierismo di Pellegrino Tibaldi oppure interpretate con compostezza e grazia neoclassiche.
Autore di indubbie qualità tecnico-artistiche, Rusca lavorò non solo a Milano (per esempio all’Arco della Pace e in San Satiro) ma anche in altre località, tra le quali Novara. Qui, in San Gaudenzio, gli sono attribuite varie statue del braccio destro del transetto, come quella raffigurante “San Massimo” (1826-1829).