Raffigurante un “Santo con libro aperto”, la scultura in marmo di Candoglia è databile fra il terzo e il quarto decennio del Quattrocento. Proveniente dal capitello di un pilone del Duomo, si trova oggi esposta in Museo presso la sala n. 6, dedicata appunto alle statuette dei capitelli dei piloni.
Il soggetto dell’opera è caratterizzato come un santo a capo scoperto, con una veste e un manto dalle ricche pieghe che scende fino a terra.
Egli tiene un libro aperto con la mano sinistra, accostata al petto; la mano destra stringe un lembo della veste, sollevandola e scoprendo la gamba dal ginocchio in giù, mentre la destra è leggermente piegata con il piede posizionato più avanti rispetto al corpo.
La testa, leggermente inclinata a destra di chi guarda, si caratterizza in modo particolare per la fitta capigliatura crespa e la lunga e folta barba, eseguite con la stessa tecnica.
Nel ricco panneggio, l’insistito gioco delle pieghe e degli svolazzi finisce per negare la saldezza e coerenza plastica del corpo.
Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi ipotizzano che l’autore del “Profeta con libro aperto” possa essere stato un allievo diretto di Jacopino da Tradate, capace di sviluppare uno stile autonomo, estremamente stilizzato, e aver lavorato nel cantiere del Duomo tra gli anni Venti e Trenta del Quattrocento.
Originario di Tradate, località in provincia di Varese, Jacopino lavorò per la Cattedrale milanese dal 1401 al 1425, ottenendo il favore della Veneranda Fabbrica sia per l’alto livello della sua produzione scultorea sia per le sue capacità direttive. Nel 1415, infatti, fu nominato scultore a vita presso l’ente e posto a capo di una bottega di formazione di giovani lapicidi, cioè gli artisti che si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.
Una delle sue opere più importanti realizzate per il Duomo è la statua raffigurante papa Martino V (1424), ancora oggi custodita in Cattedrale ed eseguita in ricordo della consacrazione dell’altare maggiore da parte del pontefice.
In essa emergono sia un’interpretazione classicheggiante della pienezza lombarda, come testimonia la morbida ricchezza del panneggio, sia una forte tensione naturalistica, che indaga tanto i particolari naturalistici quanto la psicologia del soggetto rappresentato.