Scultura

Sant’Uguccione

di Pagani Giuseppe Carlo Antonio, noto come Carlo Pagano (Castello Valsolda, 1642-1695)

Cronologia: 1687

Misure cm: 238 × 80 × 77

Materia e Tecnica: Marmo di Candoglia a tuttotondo

N. Inventario: ST176

Raffigurante “Sant’Uguccione” e databile al 1687, la scultura in marmo di Candoglia è la fedele trasposizione del modello in terracotta eseguito da Carlo Pagano nel 1678.

Proveniente dal capitello di un pilone del tiburio del Duomo e da qui rimossa nel 1969 per far fronte ai gravi problemi statici dell’area, l’opera è entrata in Museo e si trova oggi esposta insieme al modello nella sala n. 15. Quest’ultima custodisce in larga parte le prove d’ingresso scultoree presentate tra la fine del Seicento e il Settecento dagli artisti per essere ammessi alle dipendenze della Veneranda Fabbrica.

Autore sia del modello preparatorio sia della versione finale del “Sant’Uguccione” fu Giuseppe Carlo Antonio Pagani, noto come Carlo Pagano e operante per il Duomo nella seconda metà del Seicento: originario della Valsolda, dove era diffuso il culto di sant’Uguccione (san Lucio martire), egli scelse proprio il pastore e casaro della Val Cavargna, vissuto probabilmente fra il XII e il XIII secolo nella località comasca, come soggetto della sua prova d’ingresso.

La statua marmorea rappresenta il santo intento a donare del formaggio a un povero mendicante, di dimensioni minori rispetto alla figura principale e situato sulla destra della composizione, con il ginocchio sinistro sorretto da una stampella.

Cinto ai fianchi da un ampio panneggio a pieghe profonde che ricade sul retro fino a terra, il possente sant’Uguccione ha il volto incorniciato da corti capelli ondulati e da una lunga barba a ciocche: mutilo dell’indice della mano sinistra, di indice e pollice della destra e del coltello che questa tratteneva, il santo è caratterizzato da un’accentuata torsione del busto verso la sua destra, sottolineata dal braccio sinistro che regge la forma di formaggio e dal braccio destro sollevato.

La gamba destra, il cui piede tocca una roccia recante la firma dell’autore (“C.P.”), riequilibra la composizione contrapponendosi alla rotazione.

Entrambi i personaggi poggiano su un basamento di forma irregolare.

Dal punto di vista stilistico, gli studiosi hanno osservato come l’evidente forza espressiva del modello si stemperi, nell’opera finita, in un’interpretazione meno drammatica dei passaggi chiaroscurali, determinando una minore vivacità dell’insieme.

Ciò è verosimilmente dovuto alla lunga e travagliata vicenda della sua lavorazione, frammentata da numerose pause forzate e terminata in un arco di tempo molto dilatato: nel 1679, infatti, Pagano aveva dovuto restituire alla Fabbrica sia il modello sia il blocco marmoreo per la statua definitiva a causa della sospensione delle opere di scultura, decisione presa dall’ente per destinare le finanze al completamento delle opere architettoniche.

Nonostante le numerose suppliche e i memoriali volti a ottenere il permesso di concludere l’opera, Pagano avrebbe potuto riprendere i lavori sul “Sant’Uguccione” nel 1684, completandolo tre anni più tardi.