Raffigurante un “Serafino su mensola” e databile al 1403, la scultura in marmo di Candoglia proviene dal lato destro del grande finestrone centrale dell’abside del Duomo, particolarmente riconoscibile anche dall’esterno perché connotato al centro dalla “raza”, il sole raggiante emblema dei Visconti.
Rimossa dalla sua posizione nel 1991 per salvaguardarla dal punto di vista conservativo, l’imponente statua è stata sostituita da una copia ed accolta due anni più tardi in Museo, dove si trova tuttora esposta nella sala dedicata all’epoca viscontea (n. 4).
L’opera si compone di due elementi: la scultura raffigurante un “Serafino”, creatura celestiale appartenente alla più alta delle gerarchie angeliche, e la mensola su cui essa poggia.
Il “Serafino”, scolpito in tre blocchi marmorei, è caratterizzato da imponenti ali con fitti piumaggi, due delle quali coprono il corpo quasi avvolgendolo, mentre altre due si slanciano in alto facendo quasi da nicchia alla testa.
Il volto dai lineamenti addolciti e morbidi è coronato da un diadema con la croce, e i polsini della veste appaiono decorati da raffinati bottoncini; le mani giunte in preghiere sostituiscono quelle originali, andate perdute.
Come accennato, il “Serafino” poggia su una raffinata base semiesagonale, impostata su archi inflessi aggettanti dalle fronti di uno slanciato poliedro a lunghe bifore trilobate, raccordate con un rosoncino a goccia quadripartito.
La parte inferiore è costituita da ghimberghe, alti frontoni appuntiti tipici dell’architettura gotica spesso fiancheggiati da due pinnacoli, con inserti a goccia trilobati e scanditi da piramidine: queste ultime, elementi decorativi simili a guglie in miniatura, s’insinuano nelle profilature della mensola con gattonature a foglie carnose.
Studi recenti basati sulle fonti d’archivio attribuiscono il “Serafino” a Peter Monich, scultore tedesco originario di Monaco attivo per il Duomo tra la fine del Trecento e l’inizio del secolo successivo, giunto a Milano seguendo il maestro Walter Monich. Egli, autore di un “San Giovanni evangelista” (1406 circa) e di un “San Giuda Taddeo” (1405-1409 circa) anch’essi esposti in Museo, ricoprì dal 1403 al 1407 l’importante ruolo di caposquadra dei lapicidi, cioè gli artisti che nel cantiere della Cattedrale si occupavano soprattutto delle sculture e dei bassorilievi destinati a capitelli, portali ecc.
L’elegante mensola di sostegno al “Serafino”, risalente agli inizi del Quattrocento, è stata invece ricondotta all’ambito di Filippino da Modena, responsabile dell’esecuzione dei dettagli architettonici dei tre finestroni absidali.
Il “Serafino” di Peter Monich dialoga sia sul versante iconografico sia su quello stilistico con un’altra statua di stesso soggetto, posta in origine sul lato sinistro del finestrone absidale centrale e attribuita all’ambito di Walter e Peter Monich (inizi del Quattrocento, oggi in Museo): le due creature alate si relazionano infatti con la “Vergine Annunciata” e l'”Arcangelo Gabriele” scultorei situati sulla vetrata sotto la “raza” viscontea, culmine simbolico d’ideali religiosi e civili.
All’interno di tale contesto, i due “Serafini” evocano la santità e la gloria di Dio insieme all’ardore e allo splendore della carità, espressi compiutamente nel mistero dell’Incarnazione di Cristo. Inoltre, il “Serafino” di sinistra presenta interessanti affinità con la contemporanea statuaria dell’alta Baviera, zona dalla quale presumibilmente provenivano i due Monich.