Tesoro

Situla di Gotofredo

di Bottega milanese

Cronologia: 974 (?)

Misure cm: 18,8 × 12 (situla); 14,2 × 6,6 (manico)

Materia e Tecnica: Avorio a rilievo (situla), argento (innesti manico), argento dorato (manico)

N. Inventario: T4_test

Capolavoro dell’arte liturgica milanese di età ottoniana, la situla di Gotofredo è un prezioso vaso in avorio con manico argenteo, appartenente dal 1445 al Tesoro del Duomo e oggi custodito in Museo all’interno di una delle sale dedicate appunto al Tesoro (n. 1).

In origine destinata a contenere l’acqua benedetta per il rito dell’aspersione e ricavata dall’estremità di una zanna d’elefante, la situla prende il nome da Gotofredo: quest’ultimo era un religioso, che nominato arcivescovo di Milano nel 974, probabilmente intorno a quella data donò l’opera alla basilica di Sant’Ambrogio, dove ricopriva il ruolo di suddiacono.

La committenza di Gotofredo è testimoniata dall’iscrizione dedicatoria in latino che corre lungo il bordo superiore della situla: “+ VATES AMBROSI GOTFREDVS DAT TIBI S(AN)C(T)E: VAS VENIENTE SACRA(M) SPARGENDU(M) CESARE LY(M)PH(AM)” (“Vate Ambrogio, venendo Cesare, a te, santo, Gotofredo offre il vaso per aspergere la sacra acqua”).

La superficie dell’opera è suddivisa da una sequenza di cinque archi su colonne con capitelli fogliati, poggiante sopra una fascia a greca e posta al di sotto di un fregio a palmette alternate. L’arco centrale, situato sotto l’inizio della dedica, accoglie la Vergine col Bambino e due angeli, reggenti rispettivamente una situla e un turibolo (cioè un incensiere); quelli circostanti ospitano i quattro evangelisti con i loro simboli, intenti nella scrittura (Marco e Giovanni a sinistra, Matteo e Luca a destra). Ogni scena è descritta da un’incisione posta sugli archi, sempre in latino ma di dimensioni minori rispetto a quella della dedica.

Come accennato la situla risale all’età ottoniana, coincidente con il regno dei tre re di Germania e imperatori del Sacro romano impero di nome, appunto, Ottone; il manico argenteo, raffigurante la drammatica scena di una testa umana addentata da due draghi, appartiene invece all’epoca romanica e potrebbe aver sostituito l’originale in un’occasione importante (per esempio un’incoronazione). Anche le due teste di leone laterali che fissano il manico alla situla, sempre in argento, non sono quelle originali in avorio ma appartengono a un periodo compreso fra il Settecento e la prima metà dell’Ottocento.

Eseguita da una bottega milanese, la situla di Gotofredo è riconducibile a modelli bizantini per particolari quali i profili nobili e severi degli evangelisti e l’iconografia della Vergine col Bambino, simile a quella del mosaico absidale di Santa Sofia a Costantinopoli. Inoltre, l’opera presenta forti somiglianze stilistiche con altre due situle eburnee di età ottoniana: la Basilewsky del Victoria and Albert Museum di Londra e quella appartenente al Tesoro della cattedrale di Aquisgrana, secondo gli studiosi anch’esse prodotte a Milano.