Il rilievo in terracotta, datato 1791 e oggi custodito presso il deposito del Museo, raffigura “Tobiolo e l’angelo”.
Secondo il racconto biblico, il giovane Tobiolo fu incaricato dal padre Tobi, non vedente, di mettersi in viaggio per riscuotere un debito a suo nome. Grazie alla devozione di Tobi, Dio inviò l’arcangelo Raffaele sulla terra affinché guidasse Tobiolo lungo la strada.
Giunti nei pressi del fiume Tigri, il giovane fu aggredito da un gigantesco pesce: l’arcangelo gli suggerì allora di estrarre il fiele, il cuore e il fegato dell’animale. Al ritorno dal viaggio, dopo aver riscosso il debito, Raffaele invitò Tobiolo a spalmare il fiele del pesce sugli occhi malati del padre Tobi, che così riacquistò miracolosamente la vista.
L’opera, di forma pressoché quadrata, rappresenta l’arcangelo Raffaele sulla sinistra della scena, mentre si muove verso Tobiolo: quest’ultimo è inginocchiato a destra, e reca nella mano sinistra le interiora del grosso pesce giacente ai suoi piedi. L’episodio appare ambientato sulla riva del fiume Tigri, con alberi alle due estremità.
Gli studiosi hanno ricondotto il rilievo allo scultore Giuseppe Ferrandino, che eseguì anche la versione in marmo di Candoglia collocata sul fianco meridionale del Duomo, verso la facciata (1791 circa).