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Sant’Agnese al Museo del Duomo di Milano

Scopriamo le figure femminili presenti fra i marmi della Cattedrale per la #MuseumWeek 2019

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14 Maggio Mag 2019 1523 14 maggio 2019

La statua di Sant'Agnese, realizzata in marmo di Candoglia, proveniente da un finestrone del transetto nord del Duomo di Milano, è un capolavoro di dettagli, una profusione di simboli araldici risalente alla seconda metà del quattordicesimo secolo.

La giovane martire è qui raffigurata come una principessa, vestita in abiti riccamente ornati con gioielli; sotto le spalle lasciate scoperte, spiccano 3 scudi: il primo con una croce, forse quella sabauda e il biscione visconteo, sull’altro il biscione e i gigli della corona di Francia, al centro dello scollo un terzo scudo è campito con l’immagine dell’aquila imperiale. Sia il soggetto che l’araldica collegano la statua ai Visconti: famiglia devota ad Agnese sia per la vittoria di Desio - importante battaglia per i Visconti che sancì l’inizio della signoria con sconfitta dei Torriani - nel giorno a Lei dedicato il 21 gennaio 1277, sia per il matrimonio fra Gian Galeazzo ed Isabella di Valois, sorella di Carlo V, che permise al Signore di Milano di fregiarsi dei gigli della corona francese.

La croce dei Savoia abbinata al biscione allude al legame stretto fra le famiglie, sancito dal matrimonio fra Galeazzo II, padre di Gian Galeazzo e Bianca di Savoia. L’aquila dell’Impero, che rimanda alla fede ghibellina dei Visconti, potrebbe indicare anche il ruolo di Gian Galeazzo come vicario imperiale.

L’agnello che la Santa porta tra le braccia è rimando al suo nome: Agnese e racconta del suo martirio, uccisa con un corpo di spada alla gola come venivano sgozzati gli agnelli.

I dettagli di moda e di costume della sua veste, invece, e la resa particolare dei panneggi consentono di arrivare a una probabile datazione dell’opera. Il taglio dell’abito che lascia libere le spalle, e le maniche aderenti e lunghe che arrivano fino a metà mano, rimandano alla moda di quegli anni come testimoniato da immagini dipinte, ad esempio l’affresco con le Nozze mistiche di Santa Caterina (oggi alla Pinacoteca di Brera) nel quale le vesti della Santa sembrano uscite dalla stessa sartoria.

Le chiome di Agnese, ricadono in onde vorticose, il manto dell’agnellino, l’articolazione del panneggio e la vivida espressività del volto riconducono la scultura alle prime fasi di costruzione e decorazione della Cattedrale, quando si progettava la sequenza di figure femminili destinate ai finestroni dei transetti. In realtà esistono ancora titubanze sul fatto che la statua fosse stata originariamente concepita per il Duomo, Oltre alle dimensioni, diverse da quelle delle altre sculture e la ricchezza di simboli e di rifiniture non è infatti consona alla posizione, sulla sommità di un finestrone. Perché inserire con tanta cura tutti quegli stemmi, che ne fanno un’opera “politicamente” importante, dal momento che sarebbero passati inosservati per l’altezza? È stata forse recuperata da una delle due precedenti cattedrali, da Santa Tecla demolita nel 1462 oppure da Santa Maria Maggiore, inglobata nel perimetro della nuova Chiesa in costruzione?